Il 4 maggio alle 17 nella chiesa di Santa Maria in Calanca, Fasolis, Barocchisti e coro Rsi per un Monteverdi visto attraverso una lente inusuale
La stagione del Coro della Rsi e dei Barocchisti prosegue a gonfie vele. Dopo una primavera di successi internazionali, il 4 maggio alle 17 Diego Fasolis tornerà a dirigere il suo ensemble nella splendida chiesa di Santa Maria in Calanca, portando un programma ricco di rarità e fascino. Fasolis arriva in Calanca reduce da un’applauditissima tournée olandese: nell’aprile 2023 aveva diretto un concerto al leggendario Concertgebouw di Amsterdam, con un programma raffinato intorno alla Sinfonia n. 100 di Haydn: serata luminosa, degna della sala che ogni musicista sogna di calcare almeno una volta.
Il viaggio olandese di Fasolis è proseguito con l’invito pasquale di quest’anno: il Venerdì Santo era a Utrecht, nella sala grande del TivoliVredenburg e un programma di raro interesse, con la seconda sinfonia di Mendelssohn, il famoso Lobgesang, affiancata dalla prima Ouverture di Bach e da un intenso mottetto ancora di Mendelssohn. Tra i solisti, il pubblico ha potuto applaudire la voce calda e penetrante del mezzosoprano Lucia Cirillo. Poi, Amsterdam: la mattina di Pasqua, il Lobgesang ha risuonato ancora una volta nel Concertgebouw. Per Fasolis, una nuova emozione: la discesa dal celebre scalone – rito d’iniziazione e traguardo insieme – tra l’ovazione del pubblico e l’entusiasmo della Filarmonica della Radio Olandese.
Tornato in Ticino, Fasolis si immerge in un progetto tutto italiano e, insieme, rarissimo: domenica in Calanca sarà protagonista di un concerto dedicato al mondo di Claudio Monteverdi, ma visto attraverso una lente inusuale e sorprendente. Il programma si muove tra estratti dai Fiori Musicali di Girolamo Frescobaldi, dagli Affetti Musicali di Biagio Marini e, come piatto forte, l’esecuzione di alcuni Contrafacta su madrigali di Monteverdi: capolavori profani che, grazie a un sapiente travestimento, vengono spiritualizzati. Il Contrafactum è una pratica antica quanto affascinante: si prende un brano musicale nato per accompagnare testi profani – spesso amorosi – e si sostituisce il testo con parole sacre, mantenendo intatta la musica. Una specie di metamorfosi poetica e sonora, dove l’amore terreno si trasfigura in amore divino. Monteverdi stesso si cimentò in queste operazioni: celebre l’esempio del Lamento d’Arianna, doloroso monologo d’amore tratto da un’opera perduta, che il compositore trasformò in uno straziante Lamento della Madonna, mantenendo la stessa linea melodica ma affidandola a parole latine, impregnate di dolore spirituale. Un altro caso curioso riguarda il Confitebor della Selva Morale e Spirituale, che ricalca le note di un madrigale del celebre Ottavo libro, Chi vol aver felice e lieto il core. Qui, il gioco di corrispondenze e travestimenti diventa ancora più sottile e intrigante.
La figura centrale di questa operazione di “spiritualizzazione” è Aquilino Coppini, professore di retorica all’Università di Pavia. Nel 1607, intuendo il potenziale emotivo dei madrigali di Monteverdi, Coppini decide di riscriverne i testi in latino, trasformandoli in brani sacri. Nel giro di pochi anni, pubblica tre raccolte, che comprendono la parodia spirituale di ben trentasei madrigali. L’idea era ardita: la musica di Monteverdi – allora avanguardistica, capace di piegare le leggi severe del contrappunto alle esigenze espressive del testo – veniva privata delle sue parole originarie. Eppure, il risultato è sorprendente. Coppini non si limita a tradurre: crea nuove liriche spirituali che rispettano la prosodia, il ritmo interno e spesso anche il colore sonoro delle parole italiane originali. Quando possibile, mantiene addirittura una somiglianza fonetica: un’operazione di altissimo virtuosismo letterario. L’interesse, per chi ascolta oggi, sta proprio nel riscoprire come Coppini riesca a trasformare l’urgenza amorosa di un madrigale profano in un’altrettanto urgente invocazione spirituale. Un esempio affascinante? Il lamento di Erminia, Piagn’e sospira, diventa il pianto amaro dell’apostolo Pietro, Plorat amare: da un destino amoroso inciso sulla corteccia di un albero al rimorso scolpito sulla roccia, con il canto del gallo a ricordare il tradimento. Talvolta, la trasformazione è tale che sembra illuminare la musica in modi nuovi, inaspettati.
In certi casi, Coppini riesce persino a superare in efficacia l’originale. È il caso della riscrittura di Dorinda, ah dirò mia, dal Quinto Libro dei madrigali di Monteverdi. Qui il testo d’amore pastorale di Guarini, raffinato ma artificioso, lascia spazio a un dialogo semplice e struggente: quello tra Maria Maddalena e un angelo davanti al sepolcro vuoto di Cristo: Maria, quid ploras ad monumentum?. La musica, concepita per seguire ogni piega del testo di Guarini, si adatta miracolosamente anche al nuovo testo sacro. Anzi, il suo carattere sembra addirittura rafforzato, come se le note stesse avessero atteso, da sempre, questo nuovo significato.
Quello che Fasolis e i suoi musicisti propongono domenica non è solo un concerto: è un viaggio nel tempo, nella storia della musica e della poesia, alla scoperta di un’arte che sa reinventarsi senza tradire sé stessa. Una serata in cui la bellezza antica di Monteverdi, Frescobaldi e Marini si riaccende di nuova vita, pronta a incantare ancora una volta. Chi ama la musica barocca, e chi ama le storie belle, non può mancare.