laR+ La recensione

Henri Texier e il Grande Spirito di ‘An Indian’s Life’

Ottant'anni suonati e portati benissimo, il bassista parigino incanta Jazz in Bess

12 maggio 2025
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Jazz, lingua viva ed espressa da un Grande Capo come Henri Texier: a 80 anni suonati, e portati benissimo, il bassista parigino trasforma Jazz in Bess in un tepee dove concetto e improvvisazione si incontrano.

Classe 1945, parigino, Texier porta occhiali tondi e una papalina nera che gli conferiscono un'aura supercool, un mito del jazz europeo, compositore e strumentista che ha trasformato il suo basso in un’affilata arma politica. Autodidatta, cresciuto tra ceneri free e vento del deserto africano, la sua musica è un passaggio a nord-ovest che trasfigura il Groove e lo transustanzia in Preghiera mentre il Blues sublima in Manifesto che si offre ai nativi americani e ai loro canti e rivendicazioni espressi da una musica ibrida traslata nella lingua di Voltaire.

Texier è un intrattenitore naturale che non manca di brandire stoccate nei confronti di un certo Viso Pallido a stelle e strisce. Tutti, o quasi, ridacchiano in sala mentre sul palco il Grande Spirito dirige telepaticamente un’orchestra vibrante e levigata da un’intensa attività: oltre a Henri, Sébastien Texier (clarinetti e sax alto), Sylvain Rifflet (sax tenore), Manu Codjia (chitarra) e Gautier Garrigue (batteria), quintetto base tutto gallico che nuota fra pattern tribali e trovate swing di chi sa che il caos è ordine da decifrare: lo confermano i momenti free che scaldano la sala riverberando una libertà che è anche statement politico, musica che le tribù interpretano nelle Celesti Praterie, tradotta per visi pallidi ma non meno autentica ed espressiva.

Il concerto, costruito su materiale di ‘An Indian's Life’ del 2023, evita la ‘playlist’ e diventa un flusso che rievoca cadenze e danze di guerra per strumenti che si accordano su un tema di fondo e lo rendono arte espressiva.

Texier carezza le sue corde, nervi scoperti di uno strumento di dimensioni ridotte ma dal suono incredibilmente profondo e avvolgente, interprete di una saga amerindiana con free jazz, punk, psichedelia e molto altro, che innesca la Pulsione Magnetica di una base solida mentre fiati e chitarra si infilano in un crescendo che scalda tutta Besso.

E così l'evento ci ricorda che Texier è appiccicato al suo strumento come se fosse un esoscheletro (60 anni di carriera e sentirli benissimo!) e che il Jazz / forma d’arte, si conferma adatto a raccontare storie scomode: l’opposizione intellettuale ha il ritmo giusto e il divario intergenerazionale tra leader e musicisti, conferisce alla musica uno spettro sonoro e filosofico vasto, attuale e senza età, un orbe sonoro, luminoso e a sé stante, farmacopea jazzistica con ingredienti francesi, veicoli di messaggi forti.

La vicinanza dei musicisti al pubblico rende la sala un luogo immersivo per una bella platea, stazione finale dove la Rassegna congiunta tra Lac e Jazz in Bess giunge a destinazione con successo.

Il brano del bis è uno struggente 3/4, ‘Carla and Steve’: non resta che sigillare tutto con un bel calumet della pace e guardare ai prossimi appuntamenti musicali. Augh!