Della serata d’esordio di Moon & Stars tutta italiana è rimasta la sensazione di aver partecipato a un piccolo rito collettivo
Una volta c’erano le Notti Magiche, quelle dell’estate italiana di Totò Schillaci e Gianna Nannini. E poi ci sono le notti italiane di Locarno.
Rose Villain, Nek e Gigi D’Agostino si sono incontrati in Piazza Grande. Sembra l’inizio di una barzelletta. Invece no: era la line-up scelta per aprire il Moon & Stars, con una serata tutta italiana.
Un menu che ha scelto la formula già collaudata l’anno scorso per la prima serata: cantante di lunga data, artista moderno, dj set. Tre portate pensate per coprire ogni fascia d’età, come un piano pensionistico statale. Dai bambini accompagnati da genitori che ancora non hanno capito se si pronunci Rose ‘Villèn’ o ‘Villéin’, agli over cinquanta convinti che la musica italiana sia morta con Mango, passando per i millennial che, quando parte Gigi D’Agostino, si voltano l’un l’altro con lo sguardo di chi riconosce un altro sopravvissuto.
Con il sole che calava dietro i palazzi di Piazza Grande, Nek è salito sul palco con la sicurezza di chi ha cantato Laura non c’è in ogni festival per metà della sua vita, ma con la professionalità di chi sa che, lì sotto, c’è sempre qualcuno che la ascolta dal vivo per la prima volta. Certo, per chi è riuscito a entrare e non è rimasto bloccato nella fila infinita dei controlli. Invecchiare, per lui, non è un’opzione: stessi occhi penetranti da skinwalker, l’immancabile scollo a V, e uno charme romagnolo che tiene all’amo il pubblico – in particolare le signore – con una scaletta che è un catalogo di successi, da ‘Almeno stavolta’ a ‘Lascia che io sia’.
Eppure, nonostante i trent’anni di repertorio, è Rose Villain, fresca di Sanremo e del nuovo album ‘Radio Vega’, a prendersi l’orario da prima serata. La giudice di ‘Nuova Scena’ ce l’ha messa tutta sul palco con il suo “grrr” e il labbro sollevato. È stata accolta da un tifo da stadio – qualcuno ha persino osato replicare un “Si ’na petra”. Ma l’entusiasmo, dopo l’impatto iniziale, si è sgonfiato come un soufflé lasciato aperto nel forno. Il dubbio che sorge è che Rose Villain sia, almeno per ora, conosciuta più come personaggio che come cantante. Fatta eccezione per le sue hit ben accolte, spesso featuring, il resto dei singoli pareva sconosciuto persino ai fan, lasciando la sensazione di ascoltare, tutti insieme, l’album per la prima volta.
E proprio quando la serata sembrava essersi impantanata, a rimetterla in carreggiata ci ha pensato il capitano della musica dance: Gigi D’Agostino. Con lui, complice la notte, tutte le differenze – di età, gusti, appartenenze – si sono dissolte in un’unica massa ritmica. La piazza saltava all’unisono tra esplosioni di coriandoli che per qualche secondo l’hanno trasformata in un carnevale fuori stagione, mentre il fuoco sparato dal palco rosolava le guance della prima fila. Guardandoli – uomini, donne, adolescenti, sessantenni – con le facce illuminate a intermittenza dai led, veniva quasi da chiedersi se l’unica pace possibile tra gli esseri umani sia quella garantita da un bpm a 135.
A parte i jingle tra una performance e l’altra – un concentrato di stereotipi tra un “mamma mia” e un mandolino – nessuno aveva bisogno di tricolori o richiami nazionalpopolari per capire dove si trovava: bastava l’odore di pizza unta mangiata in piedi dai tecnici, le chiacchiere gridate per sovrastare la musica, e quel riflesso pavloviano che ti fa canticchiare ritornelli che non senti da anni ma che, inspiegabilmente, conosci.
Quando la folla si è dispersa nei vicoli di Locarno, con le scarpe appiccicose di cocktail versati al suono di ‘L’amour toujours’ e le orecchie ancora ronzanti, è rimasta la sensazione di aver partecipato a un piccolo rito collettivo. Una specie di ‘Midsommar’, ma senza sacrifici – a parte la dignità di alcuni, forse.
Il Moon & Stars continua a vendere la stessa promessa: la possibilità di tornare indietro per qualche ora.
E, a giudicare dagli sguardi, è una promessa che funziona benissimo.