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Bellinzona Blues Festival, un venerdì nel segno di John Jorgenson

Nella sera di Joe Colombo e LeBron Johnson, brilla la chitarra del virtuoso californiano, nel ritrovato (e affollato) happening bellinzonese

John Jorgenson
(Ti-Press / Pablo Gianinazzi)
27 luglio 2025
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Chi l’ha detto che a Bellinzona dopo le cinque non c’è in giro nessuno? Potere salvifico del blues, di venerdì in Piazza Governo c’è il mondo per il ritrovato Bellinzona Blues Festival, uno dei tanti happening che si sono ammalati di Covid e la malattia è durata di più che per altri. Allo schermo per vedere gli europei femminili, questione che da tempo non ci riguarda più, in piazza si è aggiunto il palco delle grandi occasioni, insieme a bar, buvette aggiuntive e un fornitissimo venditore monzese di vinili in zona Sociale, perfetto per sputtanarsi lo stipendio tra un album introvabile di Giusto Pio e un ‘Night and Day’ di Joe Jackson prima stampa, un modo autolesionista come un altro per gli appassionati di dischi per trasformare un evento gratuito a pagamento.

Nell’estate orfana del pop (il fu Castle on Air di Castel Grande), la musica si è spostata al piano di sotto al grido di “The blues is back in town”, claim del Bellinzona Blues Festival che tributa doveroso e toccante omaggio a Marco Marchi, bluesman che non c’è più da qualche settimana e che torna dal paradiso dei bluesmen sotto forma di clip video, per un ‘Amazing Grace’ autoriferita e applaudita. E poi arriva Joe Colombo, nome di casa che tra classici e inediti porta la piazza verso l’imbrunire e verso Lebron Johnson, gran voce, un compatto di funk, soul e blues e di ‘village blues’, dove il villaggio è inteso come intrattenimento che potrebbe essere meno da villaggio: con un repertorio come quello che LeBron ha in canna – le belle ‘Colors’ e ‘Another Day’ – e per gli strumentisti che ha alle spalle (su tutti Alberto Pavesi alla batteria e lo strepitoso Filippo Romano all’hammond), meglio sarebbe lasciare i “su le mani” e i “Bellinzona ci sei?” ai divi del pop, perché per gli slogan bastano le cover di ‘Shakey Ground’ e ‘If I Ain’t Got You’.

Anime rockabilly

Buddy Guy, Gary Moore, Bo Diddley, Joe Bonamassa, Robert Cray. Non sono i dischi in vendita sulla bancarella bensì alcuni dei nomi transitati dal 1989 per 22 edizioni dal Piazza Blues, così si chiamava un tempo l’attuale Festival. A Bellinzona nessuno si è dimenticato di B.B. King, nemmeno Sua Gentilezza John Jorgenson, chitarrista californiano da 1 Grammy e 4 nomination che proprio non se la tira, felice di ricordare The King of Blues con ‘How Blue Can You Get’, momento topico di venerdì. Con il solido bresciano Cesare Valbusa alla batteria, Frank Bazzani alle tastiere e Alan Thomson al basso, il set di Jorgenson (che ha suonato per Dylan, Willie Nelson, Emmylou Harris, Elton John e altri grandi, ma grandi tanto) è stato da vera Electric Band: ‘The Messiah Will Come’ a omaggiarne l’autore (Roy Buchanan) e il tramite (Gary Moore), primo brano di una mezza bibbia di scaletta passata anche dalle parti di Hendrix (‘Red House’), Ray Charles (‘I Got A Woman’), dei Fleetwood Mac quando ancora erano una blues band (‘I Loved Another Woman’) e di Springsteen che dall’album ‘The River’ scartò ‘From Small Things (‘Big Things One Day Come’), data a Dave Edmunds la cui anima rockabilly è risuonata in ‘Sweet Little Lisa’, a nutrire quella di Jorgenson.

Con le lussemburghesi Tania e Sandra di tanto in tanto ai fiati, la piazza ha danzato su ‘Broke My Baby’s Heart’ della Paul Butterfield Band il cui riff è diventato (per affinità di accenti) ‘Béllinzóna Blùes’, ma il pubblico già si era scatenato su ‘Shame Shame Shame’ di Shirley & Company e lo stesso avrebbe fatto, a notte fonda, su ‘Hippie Hippie Shake’: “La cantavano gli Swinging Blue Jeans, ma prima ancora la fecero i Beatles”, ci dice Jorgenson quanto tutto è finito, mentre sul palco ripone i suoi strumenti nelle custodie. Ci dice del suo progetto bluegrass, del suo essere fan di Linda Ronstadt, del Lago di Garda che lo attende. E ci dice che ha suonato in un posto incantevole. Noi lo ringraziamo a nome del sindaco (simbolicamente) e altro non possiamo fare che augurargli buon tour, prendendo la via di casa con la strana sensazione (positiva, per calore e cose ben fatte) di venire via da Estival.


Ti-Press / Pablo Gianinazzi
John Jorgenson


Ti-Press / Pablo Gianinazzi
LeBron Johnson


Ti-Press / Pablo Gianinazzi
Joe Colombo