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Chi è normale scagli la prima pietra

Dalla naturale propensione per chi è simile a noi al rispetto per la diversità, Vera Gheno analizza le tante forme della norma

5 agosto 2025
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Ogni persona, prima o poi, avrà incontrato, o si sarà scontrata, con i concetti di norma, normalità. C’è chi li usa con leggerezza, chi come armi acuminate: ma cosa è normale? Parto dalla medesima definizione che riporta Vera Gheno, nel suo libro “Nessunə è normale” (UTET 2025, 176 pagine), insieme al suo primo commento al riguardo:

“Normale, agg. – Che è conforme a una regola o all’andamento regolare di un processo; che serve a dare una norma. In altre parole, normale è sia ciò che corrisponde alla norma, sia ciò che crea la norma: una peculiare circolarità, noterete”.

È interessante accorgersi, infatti, che i due significati dipendono uno dall’altro, e che la norma di fatto crei sé stessa, in modo autoreferenziale. Non essendo macchinari che “funzionano” in modo esatto, o variabili da misurare in maniera precisa, ma persone con determinate caratteristiche fisiche, comportamenti, consuetudini, schemi di pensiero, mode o tradizioni da seguire o da cui discostarsi, come si fa a stabilire una norma, dove decidiamo di tracciare una linea, e soprattutto, chi lo stabilisce?

Vedere e fare la differenza

Gheno parte da un qualcosa che forse non tutti conoscono: “Chi dice di non vedere le differenze afferma una cosa biologicamente non vera”. Siamo, infatti, programmati per accorgerci di esse, il nostro cervello — e, in particolare, l’amigdala —, è fatto per eccellere nell’equivalente del gioco della Settimana Enigmistica calato nella vita di tutti i giorni. Le differenze sono potenziali pericoli. Prima che qualcuno cerchi di vedere queste parole come una possibile giustificazione della xenofobia, è più corretto invece affermare che a livello istintivo siamo omofili, ovvero tendiamo a preferire chi sentiamo più simile a noi. Oltre ad apprendere come questi meccanismi varino con l’età, e quindi come ci sia anche una parte legata all’educazione, proseguendo nella lettura arriviamo a capire come relazionarsi con le differenze richieda un passo in più, delle calorie in più, per andare oltre la mera reazione istintiva e far uso anche della corteccia cerebrale, per “pensare, ponderare, trovare una soluzione”.

Passando dalle disabilità ai corpi non conformi, dall’importanza della scelta delle parole al benaltrismo, dalle questioni di genere, ai ruoli, a cosa definiamo come disturbo: tra storia, linguaggio, cultura e dinamiche sociali l’autrice smonta a uno a uno gli ambiti in cui abbiamo definito o ci siamo sentiti definire fuori dalla norma. Facendoci prendere coscienza dello squilibrio di potere che esiste tra chi definisce qualcosa come normale o meno e chi subisce questo giudizio. Non siamo tutti e tutte uguali. “Penso che tutte le persone, indipendentemente dalla forma, dimensione, colore, religione, cultura eccetera si meritino, o meglio, si meriterebbero, di poter essere felici, di avere le stesse possibilità di vivere una vita soddisfacente. Purtroppo non è così, e mi pare abbastanza evidente che tante, troppe persone vengono discriminate per alcune delle caratteristiche intrinseche che possiedono. Le differenze, insomma, esistono, e portano le società a stilare una specie di classifica degli esseri umani in base a come sono, a come si presentano”. Ma siamo in grado di andare oltre a questo, per conoscerle e conoscerci davvero.