‘Astronaute. Donne all’ultima frontiera’ è una graphic novel appassionante che si muove tra umorismo, amarezza e discriminazioni
Gli Stati Uniti avranno, sì, portato il primo uomo sulla Luna, ma è stato il programma spaziale sovietico a rendere Valentina Tereshkova la prima donna nello spazio, oltre che la prima civile. È stata anche la più giovane a farlo, e l’unica ad aver compiuto una missione in solitaria. È con la voce di Mary Cleave, astronauta americana che compì due voli spaziali negli anni Ottanta e purtroppo scomparsa nel 2023, che conosciamo i primi passi di noi donne nei programmi spaziali, tra umorismo, amarezza e discriminazioni. “Astronaute. Donne all’ultima frontiera” di Jim Ottaviani è una graphic novel appassionante e ricca di scienza, in grado di far capire sia quanto sia complesso l’addestramento per andare nello spazio – dando un’idea, in caso di giovani lettori e lettrici, di cosa serva fare –, sia per la sfida, in certi casi ancora più difficile, di far comprendere agli uomini in mano ai quali era sia il potere scientifico sia quello politico, che saremmo state delle candidate ugualmente valide.
Una delle scene che non possono non colpire è quella in cui, in una stanza piena di astronauti, viene presentato un problema e tutti concordano sulla possibile soluzione. Se, a chi si misura con riunioni piene di discussioni accese e interminabili, questo potrebbe sembrare il paradiso, in realtà non si tratta di qualcosa di positivo: e se tutti avessero gli stessi punti ciechi? La diversità di pensiero è fondamentale in ambiti dove migliaia di nuovi problemi si presentano ogni giorno, e per averla bisogna partire da diversi contesti, diverse origini, esperienze, generi, età, culture. Divertente il momento in cui Wernher von Braun realizza quanto risparmio comporterebbe a ogni lancio l’invio di donne al posto degli uomini, in termini di semplice peso, senza contare il cibo e l’ossigeno in meno consumati. O quello in cui l’aver incluso uno scienziato messicano nella missione, oltre al contributo da lui portato negli esperimenti, ha posto fine al problema della gestione delle briciole di cibo in assenza di gravità, perché preferiva le tortillas, che si sono rivelate il pasto perfetto per quelle condizioni.
Se, da un lato, leggere queste pagine fa capire quanti passi in avanti siano stati fatti nell’ambito delle discriminazioni, dall’altro non può non nascere la voglia di fare in modo che le cose cambino ancora di più, così che nessuna persona si trovi nelle condizioni delle Mercury 13, le 13 aspiranti astronaute che all’inizio degli anni Sessanta riuscirono a superare gli stessi test fisici e psicologici affrontati dai colleghi uomini. Non furono mai prese in considerazione come potenziali candidate.
L’unica critica va alla parte dedicata all’astronauta Valentina Tereshkova: i dialoghi scritti in finto cirillico, con “N” e “R” specchiate, “B” modificate e vocali con grazie ingombranti, non solo non sono davvero così necessari, ma risultano di più difficile lettura. Per chi è dislessico potrebbe trattarsi di uno scoglio non indifferente. Interessante invece la parte finale che mostra come è avvenuta la creazione del volume nei suoi vari passaggi, dalla sceneggiatura, ai primi schizzi, fino a inchiostro e colori. Le illustrazioni dello spazio sono meravigliose e immaginifiche, quelle dell’interno di tutte le tipologie di velivoli rendono appieno la complessità, grazie agli infiniti quadri di pulsanti e levette, e sono state realizzate da Maris Wicks.