Materiali rivoluzionari e dalla struttura molecolare unica che ricorda quella di una spugna, con grandi cavità interne, sono destinati a diventare alleati preziosi per affrontare molte sfide attuali perché permettono di estrarre acqua dall'aria del deserto, di catturare l'anidride carbonica e di immagazzinare gas tossici: è per averli realizzati che sono stati premiati con il Nobel per la Chimica il giapponese Susumu Kitagawa (74 anni) dell'Università di Kyoto, il britannico Richard Robson (88 anni) dell'Università di Melbourne e Omar Yaghi (60 anni), nato in Giordania da una famiglia originaria di Gaza e che oggi lavora nell'Università di California a Berkeley. Vincitore del premio Balzan 2024, Yaghi è in contatto con molti ricercatori italiani in quanto membro dell'Accademia dei Lincei.
"Sono stupito, felicissimo, sorpreso", ha detto Yaghi ricevendo la telefonata che gli annunciava il Nobel. Robson, che per tanti anni ha inseguito la sua idea, ha finalmente potuto dire: "Alcuni pensavano che fosse una sciocchezza, ma non è andata così". Incredulo Kitagawa, che all'inizio è riuscito a dire solo " è stato assegnato a ".
Tutto è iniziato dall'idea suggerita a Robson da un modellino di legno, di quelli che si usano nei laboratori di chimica dove gli atomi sono delle palline unite fra loro da bastoncini: dalla posizione precisa di quei legami è nata l'idea di poter costruire strutture molecolari molto particolari, con grandi cavità all'interno in grado di permettere il passaggio di sostanze diverse.
Lavorando in modo indipendente, i tre hanno incrociato le loro strade e le loro ricerche alla fine hanno permesso di scoprire una nuova architettura delle molecole, nelle quali gli ioni metallici sono collegati da lunghe molecole organiche, a base di carbonio. La grande novità è che con questi elementi si possono ottenere molecole con grandi spazi vuoti al loro interno, che possono essere vasti perfino come un campo di calcio. Spugne molecolari, sono stati definiti questi materiali. Si chiamano 'strutture metallo-organiche' (di qui la sigla Mof) e sono versatili, nel senso che possono essere organizzate in molti modi diversi, a seconda dell'utilizzo.
Se la prima idea Robson l'aveva avuta negli anni '70, ha pubblicato i suoi risultati solo nel 1989. Subito Kitagawa e Yaghi seguirono quella strada, anche se in modi diversi, e fra il 1992 e il 2003 ottennero entrambi risultati importanti. Kitagawa capì che i Mof potevano essere resi flessibili e Yaghi creò una struttura molecolare con una vastissima cavità interna e molto stabile, tanto da essere modificata con precisione. È stato Yaghi a dare la prima dimostrazione pratica, quando ha usato uno dei suoi nuovi materiali per raccogliere acqua dall'aria del deserto dell'Arizona.
Oggi chi studia questi materiali ha ben presente la loro utilità: "Moltissime le applicazioni possibili, come immagazzinare idrogeno o CO2, filtrare sostanze, e persino catturare acqua nel deserto", ha detto Gianfranco Pacchioni, dell'Accademia dei Lincei.