Nonostante l’economia disastrata (complici gli Usa), ‘a Cuba la sanità resta una priorità, ma soffre molto’, ci spiega la dottoressa Martínez Naranjo
Non si scompone nella sua postura distinta e gentile, ma dall’ombra che le attraversa lo sguardo alla domanda “com’è stato diventare direttrice di un ospedale a soli 34 anni e in piena crisi Covid?” si capisce che Taymí Martínez Naranjo è abitata da un dolore ancora vivo. «È difficile parlarne, è stato un momento molto tragico sia perché ho perso colleghi, familiari e altri affetti per la malattia, sia perché era straziante vedere i pazienti isolati quando la nostra è una medicina molto basata sul contatto, sul toccare. Tuttavia l’aspetto peggiore e che non riesco ad accettare è il fatto che gli Stati Uniti ci abbiano negato l’ossigeno medicale, essenziale per trattare il virus, quando in quell’estate del 2021 il nostro impianto produttore principale era andato in avaria» dice la giovane chirurga, deputata dell’Assemblea nazionale cubana e madre single – come lei stessa si definisce – che da 4 anni guida l’Ospedale clinico e chirurgico Faustino Pérez nella provincia Matanzas. Abbiamo incontrato Martínez Naranjo in occasione della sua recente visita a Bellinzona, dove è stata ospite di un evento organizzato dall’Associazione Svizzera-Cuba e da Medicuba per parlare del sistema sanitario cubano.
Un sistema sanitario che sta soffrendo molto per la profonda crisi economica in cui versa il Paese. «Sebbene il 26% del budget del governo cubano venga destinato alla salute pubblica, la difficoltà nell’accesso alla valuta e il blocco commerciale, economico e finanziario imposto dagli Usa dal 1959 ostacolano l’importazione di farmaci che non vengono prodotti sull’isola nonché il rifornimento di attrezzature mediche, motivo per cui l’80% della strumentazione è obsoleta – riferisce Martínez Naranjo –. È un dato di fatto che oggi Cuba sia in una situazione economica molto difficile e che il settore della salute sia uno di quelli che più sta soffrendo in questo momento. Per una piccola isola con un’economia così disastrata è difficilissimo mantenere un sistema universale di salute gratuito, ma a questo non vogliamo assolutamente rinunciare». Approfondendo la questione dei farmaci, la dottoressa spiega: «Nel caso in cui riescano ad aggirare ‘el bloqueo’ statunitense, che sia possibile pagarli attraverso una transazione finanziaria non bloccata dagli Stati Uniti, che ci sia una nave disposta a trasportarli nonostante le sanzioni imposte per il commercio con Cuba, quando arrivano sull’isola vengono sussidiati dallo Stato affinché tutte le persone che ne hanno bisogno possano avervi accesso. Si tratta di una perdita in termini economici, ma di un guadagno dal punto di vista sociale».
Un altro problema con cui è confrontato il sistema sanitario della nazione caraibica è quello della migrazione, sia interna che esterna, che ha generato una carenza di personale sanitario: «Le migrazioni sono un fenomeno del tutto legittimo, le persone si muovono ed è un diritto che tutti dovremmo avere quello di poter creare un progetto di vita in un altro luogo dove le condizioni economiche sono migliori», dice Martínez Naranjo sostenendo che chi se ne va da Cuba «è in primo luogo per questioni economiche, non politiche». Per far fronte al calo delle risorse umane a disposizione «stiamo portando avanti un processo di riorganizzazione dei servizi sanitari per raggiungere la maggior efficacia ed efficienza nella gestione del sistema, sempre prestando la massima attenzione a salvaguardare ciò che lo rende accessibile a tutti». A queste sfide esterne per Cuba si aggiungono anche problemi interni, come la corruzione, «una piaga che sottrae preziose risorse a settori vitali come la salute e l’educazione, e che il governo si sta adoperando per combattere con tolleranza zero».
Il sistema sanitario nazionale cubano è strutturato su tre livelli, il primo dei quali è capillare, con un consultorio medico ogni 2’000 abitanti circa e policlinici a livello municipale. «Questo assicura che la salute sia a portata di mano ovunque». Il secondo livello comprende gli ospedali, da quelli territoriali a quelli provinciali, come il Faustino Pérez che a livello clinico-chirurgico serve l’intera provincia di Matanzas assieme a un ospedale materno-infantile, uno pediatrico e uno psichiatrico. Il terzo livello è costituito dagli istituti specializzati e di ricerca, come ad esempio l’istituto di cardiologia, l’istituto di nefrologia, punti di eccellenza nel panorama medico cubano.
Per far fronte alla grave crisi economica da un po’ di tempo a questa parte una quota dei proventi dei medici cubani che operano all’estero viene destinata al sistema sanitario nazionale. Sono in totale 56 i Paesi al mondo in cui il governo dell’isola caraibica invia i propri medici, contribuendo a migliorarne gli indici di salute. «La solidarietà e la cooperazione internazionale sono pilastri fondamentali del nostro sistema. Sì, la situazione a Cuba è difficile, ma ci sono altri luoghi del pianeta dove la situazione è ancora peggiore», commenta Martínez Naranjo, che ha pure lei servito come medico internazionalista in Venezuela: «Si va in comunità dove generalmente l’accesso alla salute non è garantito e si cerca di stabilirlo in modo che l’attenzione medica divenga un diritto per tutti». Un sostanzioso contingente dal 2022 si trova anche in Calabria, per sopperire alla grave carenza di personale medico nel sistema sanitario regionale. Le critiche sulle trattenute salariali non si sono fatte attendere ma per la dottoressa «si tratta di un altro modo per i detrattori di Cuba di delegittimarne il sistema». L’isola, inoltre, forma anche medici stranieri attraverso la Scuola latinoamericana di medicina (Elam). Fondata nel 1999, questa istituzione prepara professionisti a portare il modello sanitario cubano nelle loro comunità d’origine.
Il riconoscimento per quanto da decenni Cuba fa in questo ambito è stato particolarmente evidente durante la pandemia, ricorda la nostra interlocutrice: «Abbiamo percepito molta vicinanza da fuori, a livello internazionale. Ma anche dalla popolazione locale che si è messa a disposizione per contribuire in diverse mansioni, come le pulizie. Una brigata di medici cubani che rientrava dall’Azerbaigian si è recata dall’aeroporto direttamente nel nostro ospedale fornendo un aiuto cruciale per gestire l’enorme afflusso di pazienti, con picchi che hanno toccato le 62 persone intubate al giorno nel nostro ospedale». Sebbene il bilancio del periodo pandemico non possa essere considerato in alcun modo positivo, Martínez Naranjo considera che dirigere la struttura durante quella crisi le abbia permesso di «imparare ad affrontare le sfide con flessibilità e adattabilità, ma soprattutto di conoscere il vero spirito della solidarietà».
Presso l’ospedale Faustino Pérez è attualmente in corso l’installazione di pannelli solari nell’ambito del programma “Energia solare e salute” supportato da Amca, l’Associazione per l’aiuto medico in Centro America creata su iniziativa di Franco Cavalli esattamente 40 anni fa. «L’ospedale, che è una struttura che consuma molta energia, potrà in questo modo ridurre il carico sulla rete nazionale e ottenere autonomia e sovranità energetica, un aspetto cruciale in un Paese dove i blackout sono una frequente realtà», rileva Martínez Naranjo specificando che «gli ospedali rappresentano comunque una priorità sul piano nazionale e sono quindi muniti di sistemi di sicurezza in caso di collasso della rete energetica. Con i pannelli però liberiamo energia elettrica a favore di altre attività che ne hanno bisogno e al contempo contribuiamo alla sostenibilità ambientale, considerando che i combustibili fossili a Cuba sono ancora la principale fonte per creare elettricità».
Il parlamento cubano in cui dal 2023 siede Martínez Naranjo è il secondo al mondo per la quota più alta di donne. In generale la presenza di donne in posizioni dirigenziali sull’isola è molto più alta rispetto alla maggior parte dei Paesi occidentali. «Il Consiglio di direzione dell’Ospedale Faustino Perez è composto al 60% da donne», rende inoltre noto la sua direttrice, che afferma: «Orgogliosamente posso dire che oggi Cuba ha un programma di emancipazione per la donna. Per tutte le donne – specifica –, perché non sono una categoria indistinta, e non sono solo cis ma anche transgender». Le donne, sottolinea Martínez Naranjo, per migliaia di anni «sono state sfavorite in moltissimi ambiti e in parte continuano a esserlo, e sicuramente il patriarcato è ancora ben radicato anche nella società cubana, dove però è in corso una battaglia costante per la parità e l’inclusione».
Recenti leggi, come quella sul Registro civile che consente ai genitori di scegliere il primo cognome del bambino – senza dunque che gli venga assegnato automaticamente quello del padre – e soprattutto il nuovo Codice delle famiglie sono esempi concreti di questo impegno, illustra la dottoressa: «L’essenza del Codice delle famiglie, la cui gestazione è durata ben 8 anni, è il riconoscimento che esistono molte famiglie diverse e che tutte debbano usufruire della protezione dei loro diritti. Su vari punti come quello di considerare prioritariamente l’interesse superiore del bambino c’era grande accordo, mentre su altri come l’identità di genere si è dibattuto molto. Ma alla fine siamo riusciti a prendere la giusta direzione».
Quando Martínez Naranjo ha deciso di mettersi a disposizione come deputata dell’Assemblea nazionale – che è composta da 470 membri, non politici di professione, non remunerati, e non per forza membri dell’unico partito del Paese, il Partito comunista cubano – ha riflettuto sul fatto che «lavoravo più di 12 ore al giorno e dopo aver studiato duramente per riuscire a diventare chirurga sapevo che mi sarebbe toccato analizzare approfonditamente i dossier, imparare a conoscere le leggi e le terminologie tecniche. Ho però deciso di mettermi a disposizione e di farlo col massimo impegno, perché la rappresentanza in parlamento è una questione di responsabilità e di rispetto per tutti i cubani».
La dottoressa tiene in particolar modo a precisare che «nell’Assemblea nazionale non siamo unanimi per quanto riguarda le idee, che sono molteplici e diverse». Eppure organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti umani come Amnesty International denunciano la repressione del dissenso politico e la presenza di prigionieri politici. «A Cuba non esistono prigionieri politici – replica la nostra interlocutrice –. Ogni persona ha il diritto di pensare ed esprimersi liberamente, e tale diritto è tutelato dalla nostra Costituzione. L’esercizio del dissenso politico non costituisce reato nel nostro Paese, tuttavia, ogni individuo, indipendentemente dalle proprie idee o credenze, deve rispettare la legalità, l’ordine pubblico e la sicurezza della nazione, come avviene in qualsiasi Stato sovrano. Coloro che stanno scontando una pena lo fanno per reati previsti dalla legge, con il pieno rispetto delle loro garanzie processuali. Sappiamo che questo è un tema sensibile e che esistono percezioni differenti, ma riconosciamo anche che, a volte, questa narrativa viene utilizzata come parte di strategie volte a screditare il nostro sistema sociale e politico. La nostra priorità è che l’esercizio di qualsiasi diritto avvenga in armonia con la legalità, la pace civile e la sovranità nazionale», dice Martínez Naranjo. Che conclude: «Su un aspetto c’è unanimità in parlamento, quello di voler difendere la rivoluzione socialista e la costruzione di una Cuba migliore. Per noi è importante che ognuno abbia diritto a pensare in modo individuale, ma pure che si adoperi per le persone al suo fianco e per l’intera collettività».