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Tra le altre sezioni, aspettando gli Orsi

‘Mickey 17’ di Bong Joon ho è confuso, ‘Leibniz – Chronicle of a Lost Painting’ di Edgar Reitz è sorprendente

Da sinistra: Aenne Schwarz, Edgar Reitz e Antonia Bill
(Keystone)
21 febbraio 2025
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Mentre la giuria guidata dal regista statunitense Todd Haynes – e composta dal regista marocchino Nabil Ayouch, dall’attrice cinese Fan Bingbing, dalla costumista tedesca Bina Daigeler, dal regista argentino Rodrigo Moreno, dalla critica statunitense Amy Nicholson e da Maria Schrader, regista, attrice e sceneggiatrice tedesca – sta lavorando sui 18 film in concorso, il festival vive frenetiche giornate tra le altre sezioni. A far la parte del leone l’attesissimo ‘Mickey 17’ di Bong Joon Ho con un cast di rilievo composto da Robert Pattinson, Naomi Ackie, Steven Yeun, Toni Collette, Mark Ruffalo. Sappiamo che Bong Joon Ho è da tempo una delle voci più originali del cinema mondiale, uno che denuncia il flagello senza confini del capitalismo allo stadio finale, la polarizzazione di classe, il disastro climatico e l'oppressione del potere incontrollato. Abbiamo salutato la sua vittoria a Cannes e i suoi quattro Oscar per lo splendido ‘Parasite’, sappiamo che questo nuovo film avrà senza dubbio tanto sostegno tra i fedeli ammiratori del regista, ma qui la narrazione di Bong, sebbene innegabilmente divertita, è anche disordinata e confusa, purtroppo con troppe distrazioni superflue.

Basato sul romanzo ‘Mickey7’ di Edward Ashton, qui Bong prende di mira l'autocrazia e persino il tentato genocidio in una commedia buia sulla colonizzazione. Il cattivo, Kenneth Marshall, interpretato da Mark Ruffalo, tenta di creare “un pianeta bianco e puro pieno di persone superiori come noi”. Robert Pattinson recita due personaggi distinti, i replicanti Mickey 17 e 18, con un accento americano da cartone animato per il primo e dando al secondo una nota aggressiva al suo dire. Ma l'intrigante concetto di persone riciclabili viene messo da parte troppo spesso, nel film, a favore di una visione clownesca della corruzione del potere. E il riferimento continuo al mondo di Trump impresso sul volto sinistro ma buffonesco del Marshall o i cappellini da baseball rossi di molti dei creduloni coloni a cui si rivolge, spiega probabilmente perché i piani di uscita del film siano stati rimandati per un anno.

Il Cinema attento alla luce

Su più alti livelli ci porta il drammatico ‘Pa-gwa’ (The Old Woman with the Knife) di Min Kyu-dong con una superba Hyeyoung Lee nella parte di Hornclaw, una leggendaria assassina sulla sessantina, specializzata nell'eliminazione della feccia della società. Un film d’azione e violenza ben giocata, con un sapore romantico che sorprende. Di rilievo la regia, ma è tutto il film che merita un applauso. Applausi meritati anche per un altro dei film più attesi, ‘Leibniz – Chronik eines verschollenen Bildes’ (Leibniz – Chronicle of a Lost Painting) di un magistrale Edgar Reitz, un film che riconcilia con il Cinema attento alla luce, quello che prolunga il miracolo della lanterna magica. In scena la filosofia e l’ingegno scientifico meccanico del grande filosofo dell'Illuminismo Gottfried Wilhelm Leibniz, qui interpretato con maestria da Edgar Selge. Amato da sempre dalla regina Carlotta (Antonia Bill) sin da quando ella era una sua studentessa, lui le ha insegnato le gioie del pensiero: vede richiesto da lei un suo ritratto, da mettersi nella biblioteca di lei, per sentirlo vicino. Sua madre, la regina di Prussia (Barbara Sukowa), desidera accontentarla e ordina a un pittore di eseguire il ritratto del filosofo, ma questi non sopporta il presuntuoso artista, allora la regina affida l’incarico a una sconosciuta pittrice olandese allieva del Vermeer, Aaltje van der Meer (una interessante Aenne Schwarz), e sarà lei a ritrarre il filosofo in un dipinto, riconosciuto come un capolavoro della pittura barocca, ancora oggi disperso. L’incontro tra la pittrice e Leibniz serve per indagare il senso del dipingere, del rappresentare, e l’ombra di Reitz guida la recita alla ricerca anche privata di una vita spesa a comprendere il senso del suo lavorare. ‘Leibniz – Chronicle of a Lost Painting’ è un film scevro dal bisogno commerciale, un film libero di ripensarsi. La Luce, il Tempo, il Luogo e l’Immensità capace di accettarci. Si resta sorpresi da ogni fotogramma, ogni verbo.

Lo Shakespeare di Burhan Qurbani

Su un altro mondo, non troppo lontano, viaggia ‘Ancestral Visions of the Future’, un'opera profondamente personale del regista Lemohang Jeremiah Mosese. Per Mosese, nato nel Lesotho, in esilio da sempre a Berlino, è il ritorno alle radici, un’elegia su un mondo che ancora, pur minacciato, mantiene l’originalità del nostro esistere su questo pianeta, e sulle strade e le città polverose dove il peso della memoria si frantuma per arrivare afono nel nostro vivere quotidiano tra strade asfaltate e città sicure, controllate. E il Cinema ultimo aedo universale canta anche questa canzone. Non possiamo dimenticare un altro film: ‘Kein Tier. So Wild’ (No Beast. So Fierce), ovvero il Riccardo III di Shakespeare rivisitato da Burhan Qurbani: due nobili casate, le famiglie arabe di York e Lancaster, portano in tribunale la guerra che infuria da anni per le strade di Berlino. È uno Shakespeare sanguigno, vivo, con molti personaggi passati da maschili a femminili, col risultato di renderli meno imbalsamati. Per il resto, le passioni umane esplodono senza tempo: il ritmo è serrato, la recitazione di classe e potenza di Kenda Hmeidan, nel ruolo che fu di Laurence Olivier, si erge nell’empireo dei grandi interpreti del Bardo. Un film da non perdere. Come tanti altri visti in questa Berlinale e che da qui migreranno in qualche altro Festival prima di sparire, perché non troveranno sale e non finiranno su YouTube. Così è sempre successo, anche ai film da Festival.