laR+ L'intervista

Arché, archivi in movimento

Il corpo-archivio e altre storie di trasmissione, l'evento di Isadora piattaforma danza, il 29 aprile al Foce. Ne parliamo con Elisa Guzzo Vaccarino

In dialogo danzatori, studiosi e spettatori curiosi, in occasione della Giornata Internazionale della Danza. A partire dalle 18
26 aprile 2025
|

«Siamo soliti pensare l’archivio come un posto dove si conservano dei documenti per studiarli. Ma da parecchio tempo se ne parla come di un luogo di rivitalizzazione della memoria». Così risponde Elisa Guzzo Vaccarino quando le chiedo di raccontarmi ‘Archè. Il corpo-archivio e altre storie di trasmissione’, l’evento promosso dalla piattaforma danza Isadora che il 29 aprile dalle 18, allo Studio Foce di Lugano, metterà in dialogo danzatori, studiosi e spettatori curiosi, in occasione della Giornata Internazionale della Danza.

L’origine

Il titolo dell’evento evoca l’origine, ma anche il principio attivo, qualcosa che muove. Tornare oggi all’archè del gesto, del corpo, può sembrare un gesto anacronistico. «È la cosa più sincera e ciò da cui non possiamo prescindere», dice la storica della danza. «La danza ha questa grande qualità: quando si danza siamo completamente, interamente lì, dalle origini al momento in cui lo facciamo. È qualcosa di molto vero che non può essere falso. Se è falso, nel senso che è solo esteriore, che è solo autocompiacimento, ce ne accorgiamo subito». Mi domando – come spesso capita parlando di danza con chi la vive – cosa possa avere a che fare l’idea di archivio, che immagino abitato da faldoni impolverati e da silenzi, con una pratica così viva e irriducibile. Guzzo Vaccarino spiega che l’archivio viene ripensato oggi come «qualcosa da interrogare e far rivivere. L’archivio diventa attivo, un corpo di memoria che permette il reenactment, cioè la possibilità di riattivare lavori e danze passate».

Un archivio vivente

La serata luganese si preannuncia meno come un incontro teorico e più come un esperimento di contaminazione: materiali documentali, corpi che ricordano, riflessioni che si intrecciano a contrappunti danzanti insieme a figure come Elisa Guzzo Vaccarino, Beate Schlichenmaier, Andrea Zardi, Elisa Anzellotti e Personne de Rien. Il tutto culminerà in una passeggiata danzante fino a Punta Foce, guidata da Personne de Rien, al secolo Frédéric Gafner. «Frédéric porta nel DNA un archivio straordinario: sua madre era Beatriz Consuelo, grande ballerina brasiliana», introduce la critica. «È stato un ballerino classico strepitoso, un artista fantasioso, creativo, evolutivo. Sottrae per valorizzare: porta nel suo corpo la memoria, fin da prima di nascere».

La storia personale di Gafner sembra condensare ciò che Vaccarino ha osservato per anni nei corpi dei danzatori: quella memoria invisibile che si accumula senza che nessuno la detti, una competenza profonda, che il corpo impara e custodisce. «Il corpo deve apprendere attraverso tutte le sue parti: nervi, muscoli, ossa. Tutto ciò che si è appreso si sedimenta, come accade con la bicicletta: una volta imparato, lo si sa per sempre, salvo incidenti che blocchino la mobilità». Anche in un mondo che registra compulsivamente ogni gesto, la memoria corporea segue regole più antiche. Esattamente come non si può imparare il russo attraverso Facebook, osserva Guzzo Vaccarino, senza che le parole passino, lentamente, per i muscoli della lingua e delle mani.

Trasmettere attraverso il corpo

Questa immagine mi riporta immediatamente alla questione della mortalità, al fatto che quando il corpo muore anche la sua memoria, il suo archivio vivente, sembra scomparire. Ma la voce esperta di Vaccarino corregge questo pensiero sconfortante: «Potremmo dispiacerci del fatto che quando moriamo muore anche il nostro archivio vivente. Ma in realtà lo avremo tramandato, passato da un corpo all’altro. È una trasmissione molto specifica». È un’idea che non si limita a teorizzare: da decenni ne è una delle principali voci critiche che racconta la danza con le sue parole, osservando trasformazioni profonde. E se oggi la critica è spesso ridotta a “interviste con gli artisti”, lei rivendica un ruolo diverso: quello di chi osserva le linee profonde, i movimenti carsici, e li traduce in parole che non distruggano il gesto ma lo rilancino.

«Quando ho iniziato, la critica era giudizio», ricorda. «Si supponeva che chi scrivesse fosse ben informato e avesse buon gusto. Poi venne l’epoca della televisione commerciale: la critica cominciò a sparire dai quotidiani. Oggi i giornali non sono più interessati a mediazioni critiche, vogliono le interviste con gli artisti. Io non sono mai stata interessata a sparare giudizi. Cerco invece di cogliere i fenomeni, le tendenze profonde. Durante il Covid ho scritto ‘Confini conflitti rotte. Geopolitica della danza contemporanea’ (Ed. Ephemeria, 2022, ndr): la danza sembra qualcosa di periferico rispetto alla politica con la P maiuscola o all’economia, invece è uno specchio preciso del mondo».

Archè, dunque, non sarà solo un convegno per soli addetti ai lavori. Sarà un rituale laico, dove il corpo e il pensiero si incontrano. Una serata aperta a studiosi, performer, curiosi, studenti, e a chiunque sia disposto a credere che a volte, per trasmettere un intero mondo, basta un passo, un gesto, uno sguardo (info: www.isadora.dance).