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Metti una sera a casa di Arbore

Quarant’anni fa la prima puntata di ‘Quelli della notte’, luogo di irresistibile cazzeggio oltre che primo e riuscito esperimento di televisione notturna

Quarant’anni fa la prima puntata di ‘Quelli della notte’, luogo di irresistibile cazzeggio oltre che primo e riuscito esperimento di televisione notturna

29 aprile 2025
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Spacciava per sua la casa di ‘Quelli della notte’ e casa sua non era poi così diversa, tanto che presto a Foggia nascerà ‘Casa Arbore’, “la più grande collezione di oggetti di plastica d’Italia, ma anche di gilet, camicie, uno spazio culturale nella mia città. Da vivente”. Così la chiama il suo proprietario. Il 29 aprile di quarant’anni fa il secondo canale Rai mandava in onda la prima delle 32 puntate che riscrissero la storia dell’intrattenimento televisivo e aprirono alla tv notturna, sostitutiva del monoscopio che a una certa ora – previa l’emissione delle angoscianti ‘Armonie del pianeta Saturno’ per oboe o tromba, arpa e archi di Roberto Lupi, tema di chiusura delle trasmissioni – occupava lo schermo fino al mattino seguente. Di quella casa del 1985, ricreata nello studio A del Centro di produzione Rai di Via Teulada in Roma, Renzo Arbore aveva fatto il centro dell’ennesimo momento satirico che nel 1987 sarebbe confluito in ‘Indietro tutta’, demolizione controllata della tv commerciale con tutte le assurdità che ancora resistono.

Con gli ingredienti di ‘Alto gradimento’, creatura radiofonica di Arbore e Boncompagni che coprì il decennio Settanta, ma pure con alcuni dei suoi protagonisti, in ‘Quelli della notte’ Arbore portava in scena il ‘salotto televisivo’ che tanto di moda andava al tempo, ispiratogli non tanto dalla tv quanto piuttosto “dalle riunioni condominiali e dalle chiacchiere da bar” nelle sue notti foggiane, “fra pettegolezzi locali e massimi sistemi, tirate via, senza alcuna competenza”, dice Arbore all’Ansa nel ricordare la genesi del programma. A quel palese azzardo diede il benestare Giovanni Minoli, aprendo al puro cazzeggio e a una nuova generazione di comici, dichiarati e non.

RaiPlayIl cast

‘Nino! Nino!’

“Buongiorno signor Arbore, sono un mio ammiratore. Al 3 chiudo”. “Buongiorno signor Arbore, non la trovo. Provo stanotte alle 3”. È così che Nino Frassica arrivò a ‘Quelli della notte’, con i messaggi lasciati sulla segreteria di Renzo Arbore. “Una sintesi di poche parole e follia mista a contenuto”, così ce la descriveva Frassica nel 2023 prima della sua ospitata al Festival Endorfine. Nel 1985, nei panni di frate Antonino da Scasazza dal lessico strampalato, il comico siciliano fece il salto: “Non mi avevano mai fatto entrare al Premio regia televisiva di Giardini Naxos, a due passi da casa mia. Poi, dopo ‘Quelli della notte’, fuori dal teatro la gente gridava ‘Nino! Nino!’”. Ma la temperatura della riuscita del personaggio, diceva Nino a Lugano, gliel’avevano data i giocatori di poker, gente che “se c’è un terremoto dice ‘prima finiamo ’sta mano e poi scappiamo’”. E quindi, quando il frate leggeva i ‘nanetti’ (aneddoti) di Sani Gesualdi, il santo protettore di Scasazza, i pokeristi fermavano la partita e poi la riprendevano.

“Parlava come certi frati che avevo conosciuto a Foggia, ma ricordava anche i preti in bicicletta di Leo Longanesi”, dice all’Ansa Arbore. Dopo anni di onorata comicità, Frassica ha ritrovato a ‘Che tempo che fa’ il romagnolo Maurizio Ferrini, che in ‘Quelli della notte’ esordì nei panni di un filosovietico rappresentante di pedalò desideroso di alzare un muro ad Ancona. Oggi Ferrini è la più accomodante signora Coriandoli e Frassica il “direttore e vicedirettore” di Novella Bella, rivista di fantasia che ricalca non di poco il bollettino parrocchiale di frate Antonino.

Ti-PressNino Frassica a Lugano nel 2023

Harmand e gli altri

La “comitiva di cialtroni”, come la ricorda Arbore, includeva Massimo Catalano (1936-2013), già trombettista, autore e conduttore radiofonico, prodigo di frasi di assoluta ovvietà pronunciate come fossero pregne di significato, cose come “se uno lavora troppo, si stanca parecchio” ma soprattutto “è molto meglio essere allegri che tristi”. Giorgio Bracardi è stato, tra gli altri, l’ebreo israeliano, il ballerino di flamenco e il nostalgico danzatore di tip tap Archibold, una specie di isterico Al Johnson. Riccardo Pazzaglia era l’intellettuale reso povero dal decadimento culturale del Paese, ma strenuo nel suo tentativo di elevare il livello della trasmissione. Lanciato da Arbore ne ‘L’altra domenica’, Andy Luotto è stato Harmand, stereotipo dell’arabo, fino a quando l’Associazione musulmani italiani e alcune minacce personali non imposero la sostituzione del personaggio con un meno controverso italiano di Brooklyn.

Il pubblico televisivo fece pure conoscenza con Roberto D’Agostino, il lookologo che citava Milan Kundera, e con il giovane critico musicale Dario Salvatori, vero esperto di musica reso comico solo per il suo snocciolare titoli e ricorrenze della grande musica che Arbore ben conosceva ma che fingeva di non conoscere. Quanto alla musica, in salotto suonava la New Pathetic ‘Elastic’ Band, un anticipo dell’Orchestra italiana con la quale Arbore avrebbe esportato la melodia italiana nel mondo. Diretta dal maestro Gianni Mazza, al suo interno spiccava Gegè Telesforo nel suo proverbiale scat (tecnica vocale del jazz con la quale si imita il fraseggio strumentale).

Il disco di ‘Quelli della notte’ fu tra i più venduti del 1985. Ad aprirlo e chiuderlo, come in trasmissione, ‘Ma la notte no’ e ‘Il materasso’, firmate dalla coppia Renzo Arbore-Claudio Mattone. In nome delle assonanze, dei giochi di parole e delle allusioni, nel 1986 i due furono a un passo dal vincere Sanremo con ‘Il clarinetto’. Forse Arbore lo vinse ma si defilò in favore di Eros Ramazzotti, forse l’aveva vinto ma per Sanremo una canzone che parlava di clarinetti e chitarrine sarebbe stato troppo.

Ti-PressRenzo Arbore e l’Orchestra italiana a Estival Jazz 2018

Il bravo presentatore

Lo share di ‘Quelli della notte’ fu impressionante. Davanti al piccolo schermo a notte fonda c’era mezza Italia, la stessa che due anni più tardi avrebbe guardato ‘Indietro tutta’, dove l’Arbore co-autore e regista lanciava Frassica nel ruolo di mattatore ‘teleguidato’, sempre con la parlata di Scasazza (luogo di fantasia) ma nei panni del bravo presentatore, passo ulteriore verso la maschera universale.

Tra l’inesistente sponsor ‘Cacao Meravigliao’ (il jingle era cantato da una giovanissima Paola Cortellesi) che in quei giorni la gente cercava invano nei supermercati, tra i concorsi impossibili e le ragazze coccodè (come le ragazze fast food del ‘Drive In’ di Mediaset, ma vestite da galline), tra i volti nuovi di Michele Foresta poi Mago Forest, Francesco Paolantoni e Maria Grazia Cucinotta, la rete ancora regala un momento di nonsense imprescindibile, il quiz nel quale Massimo Troisi è costretto ad ammettere di essere l’attore Rossano Brazzi. Così come in ‘Quelli della notte’, anche in ‘Indietro tutta’ “non c’era una riga di copione, solo l’idea”, ricordava Frassica a Lugano. “Troisi doveva solo dire di sì pur sapendo di non essere Rossano Brazzi, io e Arbore dovevamo costringerlo ad ammetterlo. È bello quel pezzo, perché aveva il contenuto: anche di fronte all’evidenza, conta soltanto ciò che dice la televisione”.