Il nostro critico Ugo Brusaporco ripercorre questi giorni di festival del cinema, tra blackout, biglietti introvabili, feste e tanto cinema
E alla fine non mancò la luce alla festa degli eredi dei Lumière, anzi quelle poche ore di crisi energetica – un blackout, molto probabilmente dovuto a un atto doloso, che ha lasciato al buio l'intera città – hanno regalato una tensione, momenti di panico e ironie che erano tipiche di Méliès, non l’altro padre del cinema, ma l’inventore della fiction, vera protagonista del Festival di Cannes. Una dozzina di giorni sulle rive del Mediterraneo, il lento fluire di folle di curiosi e addetti ai lavori con la Croisette intasata da fotografi, selfisti, divette che cercano uno scatto per i loro corpi vestiti il meno possibile per attirare l’attenzione e quelle più mature con succinti abiti da sera in pieno sole, sudate ma felici. È un mondo a parte, quello di Cannes e il suo Cinema, e i divi e le dive che si spartiscono gli applausi e a centinaia con un foglio di carta in mano con su scritto: “Cerco Biglietto”.
Per sette-otto giorni, a far da padrone è il Mercato. Tutto ruota intorno agli affari, e ne sono stati fatti tanti quest’anno: sono girati più soldi dello scorso anno, con molti più film non solo nelle salette del Mercato con le loro proiezioni a ritmo continuo – dove sono passati anche i film che si vedranno nei prossimi festival, sulle piattaforme e le varie tv del mondo – ma anche nel programma ufficiale. Quest'anno c’era infatti una sezione in più e poi i film della Semaine de la Critique, di Acid, ma soprattutto quelli della Quinzaine des cinéastes… neppure Tom Cruise abituato alle missioni impossibili potrebbe pensare di vedere in questa dozzina di giorni tutti i film proiettati a Cannes. Noi ci siamo fermati a poco più di cinquanta. Dalle due di notte alle otto di mattina non ci sono film: è l’ora delle feste, e ce sono state tante, a decine, fiumi di champagne correvano sulla Croisette e sulle colline illuminate che dominano Cannes, con le loro ville esclusive.
Tra i tanti film visti, al di là dei premiati del Concorso vorremmo ricordare ‘Alpha’ di Julia Ducournau, forse troppo estremo per una Giuria misurata, ‘Dossier 137’ di Dominik Moll, un bel giallo. Da ricordare, naturalmente, ‘Nouvelle Vague’ di Richard Linklater, il grande assente dal palmarès, ma come poteva essere premiato un film che finalmente denuncia l’impossibilità del cinema d’autore di avere rapporti con il sistema del cinema industriale, da pollaio? L’esempio di Godard con una équipe leggera di una quindicina di persone per confezionare un film capolavoro, la dice lunga su cos’è il vero cinema. Non è un caso che a girare allo stesso modo sia anche Lav Diaz che ha mostrato a Cannes un grande film, ‘Magalhães’, costato ben duecentomila euro, il suo kolossal, un film emozionante.
Tornando al concorso è stato sottovalutato ‘The Phoenician Scheme’ di Wes Anderson, un film che gioca con il fare cinema, e non premiato ‘Zan O Bacheh’ (Woman And Child) di Saeed Roustaee, forse uno dei migliori film del Festival.
Tra i film di cui più si è parlato nei giorni ci sono ‘Enzo’ di Laurent Cantet e Robin Campillo, visto alla Quinzaine, un film su un adolescente di benestante famiglia che per non studiare diventa manovale in un cantiere, scoprendo faticosamente un senso da dare al suo futuro, e il fine disegno animato ‘Amélie et la métaphysique des tubes” di Mailys Valladeliane e Cho Han, un film necessario, un film con protagonista una bambina che scopre la vita tra felicità e tragedia, trovando consolazione nella memoria. Film di memorabile bellezza.
Altri due film d’animazione hanno illuminato la Croisette: ‘Arco’ di Ugo Bienvenu, un film sull’amicizia, sul sogno, sulle scelte e il peso che hanno, un film di speranza e di dolcezza; e ‘Marcel et monsieur Pagnol’ di Sylvain Chomet, un film sul teatro e sul cinema, un film che ripercorre la nascita di una figura letteraria e cinematografica importante quale fu Marcel Pagnol, un film raro e intenso.
E ricorderemo anche ‘My Father’s Shadow’ di Akinola Davies Jr, un film di emozione unica e potente, il ricordo di un bambino che al termine di una gioiosa giornata vede ucciso il padre per colpa di un potere politico militare infame, era la Nigeria del 1993.
Quante storie sono state raccontate in questo Festival di Cannes numero 78 è difficile da dire, di certo è stata una bella avventura attraverso immagini e idee dal nostro mondo, un giro di emozioni continue e profonde, indimenticabili. Questo è il Cinema, questo è Cannes. Il Festival.