L'Oman media tra USA e Iran, ma il disaccordo sull'arricchimento dell'uranio ostacola l'intesa definitiva
"Alcuni progressi ma non conclusivi", è il bicchiere mezzo pieno con cui l'Oman, paziente tessitore di un accordo tra Usa e Iran sul nucleare iraniano, presenta la fine del quinto round negoziale a Roma.
"Colloqui molto complessi che richiedono approfondimenti", è la versione del ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi che, con la mediazione omanita, si è confrontato con l'inviato Usa Steve Witkoff.
Vista l'aria alla vigilia dei colloqui tra il crescente scetticismo di Teheran e l'irrigidimento di Washington sull'arricchimento dell'uranio a scopi civili, il fatto che le parti si siano parlate per circa tre ore all'ambasciata omanita è comunque un buon segnale.
Da Città del Messico il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani ha parlato "a lungo" con Araghchi e ne ha tratto l'impressione che "sia stata una riunione costruttiva" senza risultati perché "ci sono ancora degli elementi sui quali non c'è accordo".
L'Oman, a quanto sostiene Axios, ha presentato diverse idee per cercare di colmare il divario tra Iran e Usa su alcune questioni controverse. Il nodo, che rischia di far saltare i negoziati e di spingere Donald Trump a passare allo scontro, è sulla delicata questione del nucleare civile.
Gli Usa, oscillando tra falchi e colombe, si sono presentati a Roma con una posizione tranchant: "Non possiamo autorizzare nemmeno l'uno per cento di capacità di arricchimento dell'uranio", ha detto domenica scorsa Witkoff. "L'Iran non può avere capacità di arricchimento, perché questo lo renderebbe una potenziale potenza nucleare", ha rincarato il segretario di Stato Usa Marco Rubio.
Ma per Teheran il nucleare civile è una linea rossa: se gli Usa lo impediscono "non ci sarà un'intesa", ha avvertito il ministro degli esteri che è atterrato a Roma con questa equazione su X: "Zero armi nucleari=abbiamo un accordo. Zero arricchimento=Non abbiamo un accordo".
L'Iran assicura le sue intenzioni pacifiche ricordando il Trattato di non proliferazione (Tnp), di cui è firmatario. Ma l'Occidente, guidato dagli Usa, e Israele, nemico giurato degli ayatollah, sospettano che Teheran voglia dotarsi di armi nucleari. "I Paesi Bassi, il Belgio, la Corea del Sud, il Brasile e il Giappone arricchiscono l'uranio senza possedere armi nucleari", sostiene il portavoce dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica (Aiea), Behrouz Kamalvandi.
Ma sulle decisioni di Trump soffia il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il nucleare iraniano è stato infatti uno dei temi dell'ultimo colloquio in settimana tra i due. E la presenza di Witkoff a Roma è stata colta da Gerusalemme: il direttore del Mossad David Barnea e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer, il più stretto collaboratore di Bibi, sono volati nella capitale per un faccia a faccia con l'inviato Usa che, oltre al nucleare iraniano, potrebbe aver affrontato anche l'accordo per la tregua a Gaza, su cui gli Usa spingono con forza.