Mosca propone nuovi colloqui a Istanbul mentre intensifica gli attacchi, l'UE chiede pressione sul Cremlino
La Russia, dalla sua posizione di forza sul fronte militare in Ucraina, continua ad alternare bastone e carota. Da una parte, bersaglia il paese occupato con ondate di raid su vasta scala, e dall'altra tiene accesa la fiammella del dialogo, facendo sapere che "probabilmente" sarà Istanbul, in Turchia, a ospitare un secondo round di negoziati diretti con Kiev.
L'ambiguità di Mosca però sconcerta e spiazza gli occidentali. E così, mentre l'Unione europea (UE) chiede§ "la massima pressione" sul Cremlino, il presidente statunitense Donald Trump mantiene un atteggiamento attendista, continuando a sperare che il suo omologo russo Vladimir Putin faccia seguito alla sua promessa di presentare quanto prima un suo piano di pace.
I colloqui di Istanbul dello scorso 16 maggio, i primi tra russi e ucraini dall'inizio della guerra, hanno prodotto solo un'intesa sullo scambio di prigionieri ed una disponibilità delle due parti a rivedersi. Mosca non ha ceduto alle richieste di Kiev e dei suoi alleati di far scattare subito una tregua temporanea, rinviando la questione ad un confronto ad ampio raggio "sulle cause del conflitto". Allo stesso tempo, ha fatto sapere che avrebbe inviato agli ucraini la sua proposta di pace, aspettandosi una controproposta, subito dopo lo scambio di mille prigionieri, che si è concluso oggi.
Gli ultimi segnali di Mosca sono sembrati di apertura. "Ci aspettiamo che lo scambio di prigionieri su larga scala, effettuato su iniziativa della Russia, faciliti la creazione di un clima favorevole per la discussione delle condizioni di risoluzione pacifica della crisi ucraina", ha dichiarato il viceministro russo della difesa Alexander Fomin, mentre il ministro degli esteri Serghiei Lavrov ha ricevuto il collega turco Hakan Fidan per fare il punto della situazione. La città del Bosforo potrebbe ospitare anche i nuovi negoziati, secondo Mosca, che ha escluso l'opzione Vaticano.
Questa apparente distensione fa tuttavia a pugni con i pesanti raid su tutta l'Ucraina, nelle ultime due notti, che hanno provocato almeno 25 morti. "Mosca combatterà finché avrà la capacità di produrre armi", ha avvertito Andriy Yermak, capo di gabinetto di Volodymyr Zelensky, mentre lo stesso presidente ucraino ha invocato "nuove sanzioni" occidentali. Del resto, come hanno rilevato diversi analisti ucraini, il Cremlino continua a considerare l'azione militare come la tattica più efficace per esercitare pressione sui negoziati e strappare condizioni più favorevoli al nemico.
Contro i raid si è scagliata anche l'UE. "Dimostrano ancora una volta la determinazione della Russia a causare ulteriori sofferenze e ad annientare l'Ucraina", ha denunciato l'alta rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Kaja Kallas.
In questa fase caotica i riflettori restano più che mai puntati sulla Casa Bianca. Trump, dopo avere dato credito a Putin, ha assistito con crescente frustrazione all'intransigenza russa e all'assenza di risultati sulla via della pace, tanto da aver minacciato di rinunciare ai suoi sforzi di mediazione. Ma al di là delle minacce al Cremlino, ha rifiutato di imporre ulteriori sanzioni. Inoltre, è la paura di Zelensky, il "silenzio" dell'inquilino della Casa Bianca di fronte alle stragi "incoraggia Putin" a non fermarsi.