Il leader dell'ultradestra olandese provoca elezioni anticipate dopo il fallimento della coalizione sull'immigrazione
L'esperimento di governo firmato Geert Wilders è durato lo spazio di una mancata stretta sull'immigrazione. Il vulcanico leader dell'ultradestra olandese, approdato appena undici mesi fa per la prima volta al potere dopo una carriera passata a inseguirlo, ha staccato la spina alla fragile coalizione guidata dal tecnico indipendente Dick Schoof.
Aprendo così la strada a elezioni anticipate e trasformando la crisi politica in un rischioso lascia o raddoppia personale. Il Trump olandese resta in alta quota nei sondaggi, ma non appare più intoccabile: la sinistra ecologista di Frans Timmermans - che già alle Europee lo aveva superato sul filo di lana - lo incalza. E l'azzardo dell'uomo forte del sovranismo Ue per puntare alla premiership rischia di diventare un boomerang.
Il governo olandese si è infranto sullo stesso scoglio già fatale a Mark Rutte due anni fa: l'asilo e l'immigrazione. Gli aut aut di Wilders nelle ultime settimane si erano fatti sempre più pressanti, fino all'ennesimo vertice di maggioranza che lunedì sera ha sancito lo stallo. All'indomani, la rottura è arrivata in appena mezz'ora di colloqui. A firmare l'atto finale ci ha pensato lo stesso leader del Partito per la libertà (Pvv) scegliendo X, il teatro che predilige, per l'annuncio: "Nessuna firma sul nostro piano sull'asilo. Lasciamo la coalizione", ha scritto mettendo la parola fine sull'avventura che dal 2 luglio scorso - dopo il trionfo elettorale del novembre 2023 - lo ha visto protagonista con cinque ministri e quattro sottosegretari.
L'accusa del leader xenofobo, anti-Islam ed euroscettico è stata netta: gli alleati e il premier Schoof - ex capo dei servizi di sicurezza, scelto per mediare tra i quattro partiti della maggioranza - hanno frenato sull'attuazione della "politica sull'immigrazione più severa di sempre", rifiutando di approvare il suo programma in dieci punti. Chiusura delle frontiere ai richiedenti asilo, espulsione dei cittadini con doppia cittadinanza condannati e un drastico inasprimento dei controlli: per Wilders le misure proposte erano il riflesso della "volontà degli elettori", mentre nella visione degli alleati il piano era in alcune parti "inattuabile".
La crisi è "inutile e irresponsabile", ha tuonato Schoof, prima di consegnare le dimissioni nelle mani di re Guglielmo Alessandro. Dure anche le reazioni degli ormai ex partner di governo che - a partire dalla leader dei liberali di destra (Vvd) Dilan Yesilgoz - hanno bollato la scelta come "incosciente" ed "egoista" accusando Wilders di aver consegnato i Paesi Bassi all'incertezza. Per molti però la strategia del Trump olandese - soprannome che si è guadagnato per le posizioni incendiarie e la celebre chioma biondo platino ormai ingrigita - è un piano calcolato per capitalizzare alle urne e diventare premier. Il margine del suo Pvv tuttavia nell'ultimo anno si è assottigliato - nei sondaggi naviga intorno al 20% - e i laburisti-green di Timmermans sono a un solo punto di distanza. Tanto che gli analisti non escludono una maggioranza alternativa con un patto tra i rosso-verdi e il Vvd senza passare per nuove elezioni. Isolando di fatto Wilders che - davanti al sistema proporzionale olandese, dove nessuna forza politica può ambire da sola alla maggioranza dei 150 seggi della Tweede Kamer - sembra per ora poter contare solo sull'appoggio del partito degli agricoltori BBB. Per il voto anticipato potrebbero servire comunque almeno tre mesi. Nell'immediato, l'Olanda si avvicina al vertice Nato di fine mese senza un governo stabile, diventando un nuovo crocevia per il sovranismo in Ue dopo lo stop in Romania e l'avanzata in Polonia.