Il Regno Unito valuta sanzioni contro Israele mentre l'ONU discute un cessate il fuoco
Oggi Gaza è "l'inferno sulla Terra", il luogo dove "l'umanità sta fallendo". La sofferenza della popolazione palestinese, ha denunciato la presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) Mirjana Spoljaric alla BBC, ha superato "ogni standard legale, morale e umano".
Tanto da far valutare al governo britannico - tra i primi ad aver alzato la voce con Israele nelle scorse settimane, arrivando a sospendere i negoziati per un accordo di libero scambio - nuove sanzioni contro lo Stato ebraico, insieme agli alleati.
Mentre il Consiglio di sicurezza dell'ONU è chiamato a votare - per la prima volta dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca - su una risoluzione che chiede il cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e l'accesso umanitario a Gaza.
Ma di fronte alle minacce di sanzioni, e alla decisione della Spagna di revocare un maxi-contratto di armamenti, il ministero della difesa israeliano ha fatto sapere che nel 2024 le esportazioni di armi da parte dello Stato ebraico hanno raggiunto un livello record di oltre 14,7 miliardi di dollari (12 miliardi di franchi al cambio attuale), con un forte aumento delle armi destinate agli Stati arabi del Golfo.
Annunciando l'iniziativa alla Camera dei Comuni durante il question time, il premier britannico Keir Starmer ha definito le azioni israeliane come "spaventose, controproducenti e intollerabili". "Voglio essere assolutamente chiaro sulla necessità di tornare a un cessate il fuoco. Occorre che gli ostaggi detenuti da lungo tempo siano rilasciati e c'è disperata necessità che più aiuti entrino a Gaza rapidamente e in grande quantità", ha sottolineato Starmer all'indomani della strage vicino al centro di distribuzione dell'organizzazione non governativa israelo-americana Gaza Humanitarian Foundation (GHF, la sola autorizzata a operare), nei pressi di al-Mawasi, nel sud della Striscia, dove 27 persone sono rimaste uccise da spari dell'esercito israeliano contro individui definiti "sospetti" e "minacciosi".
Sempre da Londra, il viceministro agli esteri Hamish Falconer ha criticato il sistema di aiuti della GHF come "disumano" e chiesto che il governo di Banyamin Netanyahu ripristini "immediatamente" le condizioni per consentire "all'ONU e ai suoi partner" di tornare a distribuire "aiuti su larga scala" nella Striscia.
Un appello condiviso dal capo degli affari umanitari delle Nazioni Unite Tom Fletcher, secondo cui le "scene orribili" di palestinesi uccisi "mentre cercano semplicemente di mangiare" sono "il risultato di una serie di scelte deliberate che hanno sistematicamente privato due milioni di persone dei beni essenziali per la sopravvivenza".
La stessa Gaza Foundation ha intanto annunciato di aver sospeso per un giorno la distribuzione degli aiuti per permettere di svolgere le attività logistiche necessarie per accogliere un maggior numero di persone ai propri centri. In questo modo, l'esercito israeliano avrà il tempo di preparare percorsi di accesso più sicuri ai siti prima della ripresa delle operazioni, ma nel frattempo ha vietato il passaggio su quelle strade, considerate zone di combattimento.
Combattimenti che non si fermano nella Striscia: il ministero della salute di Hamas ha dichiarato che almeno 95 persone sono state uccise e 440 ferite nelle ultime 24 ore, facendo salire a 54'607 il bilancio dei morti dall'inizio della guerra. Tra questi, 12 persone tra cui donne e bambini, sono stati uccisi in un raid israeliano "su una tenda per sfollati nei pressi della scuola Al-Innawi" a Khan Yunis, ha riferito la difesa civile palestinese.
In questo quadro appare lontano un accordo per la tregua e lo scambio di prigionieri, anche se i mediatori egiziani e qatarini, citati da media israeliani, hanno espresso ottimismo sul fatto che Hamas presenterà una nuova proposta che si avvicini di più, rispetto alla precedente, alle richieste dell'inviato speciale statunitense Steve Witkoff.