Estero

Trump vieta viaggi da 12 Paesi, stop ai visti per Harvard

5 giugno 2025
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Mantenendo un'altra delle sue promesse elettorali, Donald Trump ripropone il controverso ‘travel ban’ del suo primo mandato, allargando il divieto d'ingresso negli Usa ai cittadini di 12 Paesi e imponendo parziali restrizioni su quelli di altri sette.

Nella prima lista sono finiti Afghanistan, Myanmar, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. Nella seconda Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela.

Il bando entrerà in vigore il 9 giugno e i visti rilasciati prima di tale data non saranno revocati, mentre sono previste esenzioni per giocatori, personale o familiari di club partecipanti alla Coppa del Mondo per Club 2025, alla Coppa del Mondo Fifa 2026 o alle Olimpiadi del 2028.

La mossa fa parte di una stretta sull'immigrazione lanciata dal presidente all'inizio del suo secondo mandato, che ha incluso l'espulsione in Salvador di centinaia di venezuelani sospettati di essere membri di gang e l'offensiva contro gli studenti universitari stranieri delle università d‘élite, che ieri ha portato il presidente a vietare i visti per quelli di Harvard con una decisione senza precedenti.

Il tycoon ha spiegato che il suo ’travel ban‘ è necessario per proteggersi dai "terroristi stranieri" e da altre minacce alla sicurezza nazionale. "Non permetteremo l'ingresso nel nostro Paese a chi desidera farci del male", ha ammonito in un video pubblicato su X, aggiungendo che l'elenco potrebbe essere rivisto e allungato. The Donald ha argomentato che i Paesi soggetti alle restrizioni più severe erano determinati ad ospitare una "presenza terroristica su larga scala", non collaboravano in materia di sicurezza dei visti, non erano in grado di verificare l'identità dei viaggiatori, non avevano un'adeguata tenuta dei registri dei precedenti penali e avevano alti tassi di superamento della durata del visto negli Stati Uniti.

"Non possiamo consentire una migrazione aperta da nessun Paese in cui non siamo in grado di controllare e verificare in modo sicuro e affidabile chi cerca di entrare negli Stati Uniti", ha insistito. Il presidente ha aggiunto di aver deciso il nuovo bando dopo l'attacco antisemita a Boulder, Colorado, anche se il suo autore, Mohamed Sabry Soliman, negli Usa con un visto scaduto, è di un Paese rimasto escluso dalla blacklist: l'Egitto. "Ma l'Egitto é uno stretto alleato e ha le cose sotto controllo", ha poi spiegato nello studio Ovale con il cancelliere tedesco.

Il travel ban rischia di aprire un nuovo fronte legale, come quasi tutte le mosse più controverse del presidente. Successe anche col ’Muslim ban' del primo mandato, che vietava l'ingresso in Usa da sette nazioni a maggioranza musulmana: fu più volte sospeso dai tribunali e corretto da Trump, finché la Corte Suprema confermò una terza versione nel 2018. Joe Biden lo revocò nel 2021, definendolo "una macchia sulla nostra coscienza nazionale".

Le reazioni più preoccupate arrivano dal continente africano, che ha il più alto numero di Paesi colpiti dal provvedimento. La Commissione dell'Unione Africana ha espresso preoccupazione per il potenziale impatto negativo del nuovo divieto di viaggio sugli scambi educativi, sugli impegni commerciali e sulle relazioni diplomatiche più ampie. "La Commissione dell'Unione Africana invita rispettosamente l'amministrazione statunitense a prendere in considerazione l'adozione di un approccio più consultivo e ad avviare un dialogo costruttivo con i Paesi interessati", ha affermato.

La Somalia si è immediatamente impegnata a collaborare con gli Stati Uniti per affrontare le questioni di sicurezza, mentre il ministro degli interni venezuelano Diosdado Cabello, stretto alleato del presidente Nicolás Maduro, ha accusato il governo statunitense di essere fascista e ha messo in guardia i venezuelani dal rimanere negli Usa: "la verità è che stare negli Stati Uniti è un grosso rischio per chiunque, non solo per i venezuelani".

Intanto Harvard ha promesso di reagire allo stop ai visti per i suoi studenti stranieri, definendola "l'ennesima azione di ritorsione illegale da parte dell'amministrazione, in violazione dei diritti sanciti dal Primo Emendamento". Anche Pechino ha annunciato che tutelerà "con fermezza i diritti e gli interessi legittimi di studenti e studiosi cinesi all'estero". The Donald ha alzato il pressing pure sulla Columbia, avviando il processo per revocare il suo accreditamento per i fondi federali. L'accusa per gli atenei della Ivy League è di essere covi di antisemitismo, ma in realtà i conservatori li vedono come nemici in quanto fucine della cultura liberal e woke.