Estero

Tensioni in Ucraina: Mosca annuncia avanzata a Dnipropetrovsk, Kiev smentisce

L'esercito russo dichiara di aver raggiunto la regione mineraria, ma l'Ucraina parla di disinformazione e resistenza al fronte

8 giugno 2025
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Ben lontana da qualunque pace, l'invasione russa dell'Ucraina si spinge pericolosamente in avanti sulle linee del fronte. Stando a Mosca, per la prima volta le forze russe avrebbero raggiunto la regione di Dnipropetrovsk, polmone minerario e industriale del Paese: unità della 90esima divisione corazzata hanno "raggiunto il confine occidentale della Repubblica popolare del Donetsk, e stanno continuando a sviluppare un'offensiva nella regione di Dnipropetrovsk", ha annunciato l'esercito russo.

Solo diverse ore dopo è arrivata la secca smentita di Kiev: "Questa informazione non è vera. I combattimenti continuano nella regione di Donetsk" e l'annuncio "è disinformazione russa", secondo il portavoce dello Stato maggiore ucraino, Andriy Kovalev. La posta in gioco è alta: l'apertura di un nuovo fronte dell'oblast segnerebbe una grave battuta d'arresto per la difesa di Kiev, in estrema difficoltà al fronte con i russi che mantengono l'iniziativa e avanzano sulle linee, da Sumy al Donetsk, mentre lo stallo sui negoziati per una tregua favorisce il Cremlino.

"Il nemico non abbandona i suoi propositi di entrare nella regione di Dnipropetrovsk, ma i nostri combattenti mantengono la loro linea del fronte, sventando i piani dell'occupante", è la posizione ufficiale del Comando delle forze di difesa dell'Ucraina meridionale. Entrati o meno, le voci dei soldati al fronte rilanciate dai media parlano di combattimenti serrati e di un'avanzata lenta ma inesorabile delle forze di Vladimir Putin: l'esercito russo ha pubblicato foto che mostrano truppe che issano la bandiera russa sul villaggio di Zorya, nel Donetsk, vicino al confine interno con Dnipropetrovsk. E a Mezhova, a circa una dozzina di chilometri dallo stesso confine, una persona è morta in un raid nella notte.

Dnipropetrovsk non è tra le cinque regioni ucraine - Donetsk, Kherson, Lugansk, Zaporizhzhia e Crimea - che Mosca ha pubblicamente rivendicato come territorio russo. La regione è preziosa per l'economia e per la logistica di Kiev, e fin dall'inizio della guerra ha rappresentato un luogo di rifugio per milioni di ucraini fuggiti dall'est, nonostante sia anch'esso oggetto di brutali bombardamenti quotidiani, compreso il capoluogo Dnipro.

Con queste premesse, un'invasione dell'oblast avrebbe un profondo significato concreto, ma anche simbolico. Lo sa bene il superfalco di Vladimir Putin, Dmitri Medvedev, che non perde l'occasione per lanciare l'ennesimo post velenoso indirizzato ai vertici dell'Ucraina: "Chi non vuole riconoscere la realtà della guerra durante i negoziati, si troverà di fronte a nuove realtà sul campo", è l'affondo dell'ex presidente e oggi vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo.

La posizione russa portata al tavolo delle trattative non ha infatti mostrato alcuna forma di concessione sulle rivendicazioni territoriali di Mosca in Ucraina. Resta quindi lo stallo dopo gli ultimi colloqui a Istanbul, con un nulla di fatto in termini di cessate il fuoco e l'attendismo americano sulle sanzioni da settimane invocate da Kiev per costringere Putin a scendere a compromessi.

Nel frattempo, sembra essersi sbloccata l'impasse sullo scambio di prigionieri, l'unico risultato concreto finora raggiunto dai negoziati. Dopo una nuova giornata di accuse reciproche, Mosca ha confermato di aver portato le prime 1212 salme sul luogo designato per l'operazione al confine di Bryansk, e Kiev ha annunciato che la restituzione dei corpi avverrà la prossima settimana, "come comunicato alle persone autorizzate martedì". "Tutto sta procedendo secondo i piani, nonostante il gioco sporco dell'informazione del nemico", è l'accusa lanciata dal capo dell'intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov. "Stiamo rispettando scrupolosamente gli accordi raggiunti a Istanbul. E pressioni e manipolazioni sono inaccettabili".