L'ex presidente rivendica i suoi successi diplomatici ma esprime frustrazione per il mancato riconoscimento
"No, non riceverò mai un Premio Nobel per la Pace, qualunque cosa faccia": mentre valuta se attaccare l'Iran, Donald Trump si lamenta ancora una volta che non avrà il prestigioso riconoscimento assegnato dal comitato svedese. Un premio che da anni è una sua ossessione, soprattutto dopo che è stato dato a Barack Obama nei primi mesi della sua presidenza "senza che facesse nulla".
Il tycoon ha rivendicato nuovamente il premio intestandosi su Truth il "meraviglioso trattato" di pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, che verrà firmato lunedì alla Casa Bianca. Ma anche in questo caso "non riceverò il Nobel", si rammarica, ripetendo la frase per ben sei volte, con l'elenco dei negoziati guidati dalla sua amministrazione. The Donald si vanta di aver fermato la guerra tra India e Pakistan (con New Delhi che nega il suo ruolo, mentre Islamabad lancia formalmente la sua candidatura per il suo "decisivo intervento diplomatico") e quella tra Serbia e Kosovo. Ma anche di aver "mantenuto la pace tra Egitto ed Etiopia" e di aver stipulato gli Accordi di Abramo in Medio Oriente "che, se tutto va bene, saranno pieni zeppi di nuovi Paesi che vi aderiranno e unificheranno il Medio Oriente per la prima volta nella storia!". "No, non riceverò un Premio Nobel per la Pace, qualunque cosa faccia, Russia/Ucraina e Israele/Iran inclusi, qualunque siano gli esiti, ma la gente lo sa, e questo è tutto ciò che conta per me!", conclude con malcelata frustrazione.
Nel corso degli anni il tycoon è stato più volte proposto per il Nobel, rivendicando anche una candidatura (mai smentita né confermata) da parte del premier nipponico Shinzo Abe per i suoi sforzi sulla denuclearizzazione della penisola coreana, che tuttavia non hanno mai prodotto alcun risultato. Idem per i conflitti più recenti, dall'Ucraina a Gaza, mentre l'Iran resta ancora un punto interrogativo. "Resto sempre un peacemaker, questo non significa che a volte ci voglia un po' di durezza per fare la pace", ha ripetuto anche ieri, rievocando l'idea della pace attraverso la forza.
In passato non sono mancate le gaffe in materia. Come quando insinuò nel 2020, pur non menzionando l'Etiopia e il suo primo ministro Abiy Ahmed, che quest'ultimo aveva vinto il Premio Nobel per la Pace al posto suo. O quando l'anno prima chiese per quale ragione avesse vinto il Nobel per la Pace Nadia Murad, ventiseienne attivista yazida per i diritti umani premiata nel 2018 per aver denunciato le violenze inflitte dai miliziani dell'Isis a lei e a centinaia di altre yazide: nello Studio Ovale scese il gelo.