Il premier israeliano cerca soluzioni per Gaza mentre il presidente americano spinge per una tregua e il rilascio degli ostaggi
Secondo incontro tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, ma questa volta nel menù c'è solo Gaza. Perché il tycoon esige entro questa settimana l'accordo sulla tregua e il rilascio degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas.
Tutte le parti sono state informate della deadline fissata dal presidente americano, che ha mandato il suo inviato Steve Witkoff in Qatar per dare una svolta a un negoziato ancora in stallo. The Donald invece cercherà di convincere personalmente il ritrovato amico Bibi, da cui si aspetta di essere ricambiato dopo i raid americani contro gli impianti nucleari iraniani.
Netanyahu, accompagnato dalla moglie Sarah (assente invece la First Lady Melania), lo ha intanto sorpreso lunedì sera alla cena alla Casa Bianca alzandosi in piedi e porgendogli la lettera con cui lo ha formalmente candidato al Nobel per la pace, dopo il Pakistan. "È meritatissimo, e dovresti riceverlo", lo ha lusingato. "Non me lo aspettavo. Wow", ha risposto Trump leggendo il testo. "Visto che viene da te in particolare, è molto significativo", si è compiaciuto in un siparietto che ha sollevato critiche e ironie in patria e all'estero.
Bibi ha accarezzato così l'ego di The Donald, che è ossessionato dal premio, soprattutto dopo che è stato dato a Barack Obama nei primi mesi della sua presidenza "senza che facesse nulla". Proprio nei giorni scorsi il tycoon aveva espresso tutta la sua frustrazione su Truth, lamentandosi che non riceverà mai il sospirato Nobel, nonostante si consideri un peacemaker che ha negoziato la pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, fermato la guerra tra India e Pakistan e quella tra Serbia e Kosovo, ma anche mantenuto la concordia tra Egitto ed Etiopia e stipulato gli Accordi di Abramo in Medio Oriente.
E mentre si allontana la promessa di mettere fine al conflitto in Ucraina, Trump conta di arricchire il suo palmarès con la pace a Gaza e un accordo sul nucleare con gli iraniani. "Vogliono vedersi e avremo un incontro", ha assicurato, salvo essere smentito il giorno dopo dal ministero degli esteri iraniano.
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Ma non tutti la pensano come Bibi
Ora però la priorità assoluta è la tregua nella Striscia. Il commander-in-chief ha ripetutamente sottolineato di voler porre fine ai combattimenti a Gaza e garantire il ritorno di tutti i 50 ostaggi rimasti, 20 dei quali si ritiene siano ancora vivi. Ma Netanyahu sembra irremovibile sul fatto che non porrà fine alla guerra finché Hamas non sarà distrutta, i suoi leader esiliati, le sue forze disarmate, la sua capacità di governare Gaza stroncata, la sua capacità di risorgere e minacciare nuovamente Israele eliminata.
E Hamas ha ribadito con fermezza che la tregua di 60 giorni proposta dagli Usa deve portare in modo affidabile a un cessate il fuoco permanente garantito e al completo ritiro delle forze israeliane da Gaza, consentendo così la sopravvivenza e la ripresa del gruppo armato palestinese.
Divergenze anche sul futuro della Striscia, con Bibi che esclude la soluzione dei due Stati e riferisce che Israele e Usa stanno cercando nella regione Paesi pronti ad accogliere gli sfollati palestinesi decisi ad andarsene "su base volontaria". Difficile per Trump trovare la quadra, ma intanto sta sventolando la possibilità di un accordo tra Israele e Siria, con Washington nel ruolo di garante, come carota in cambio dell'impegno di Tel Aviv a porre fine alla guerra a Gaza.
Netanyahu tesse la sua fitta tela diplomatica incontrando il vicepresidente JD Vance, lo speaker della Camera Mike Johnson e i leader del Senato, mentre mercoledì farà tappa al Pentagono. Giovedì la partenza e, forse, l'annuncio della tregua a breve.