Critiche internazionali e tensioni crescenti mentre Israele continua gli attacchi in Siria e Libano
La guerra a oltranza condotta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu per restare al potere, al riparo anche da guai giudiziari, corre in lungo e in largo in tutto il Medio Oriente, dall'Iran al Mediterraneo, attirando condanne e critiche da mezzo mondo. E costringendo "l'amico" Donald Trump e i suoi inviati speciali a fare gli straordinari per tentare di contenere l'inasprimento e l'allargamento del conflitto.
Se gli attacchi alla chiesa cattolica di Gaza sembrano aver scosso dal torpore alcuni governi europei circa la mattanza in corso nella Striscia - un tribunale belga ferma l'invio di armi a Israele, la Slovenia vieta l'ingresso a ministri dell'ultradestra israeliana - i clamorosi raid aerei israeliani sui centri del potere militare a Damasco hanno recapitato sul tavolo di Netanyahu le reprimende da parte di Russia, Cina, Emirati: tutti Paesi che hanno rapporti, più o meno stretti, con lo Stato ebraico.
L'autoproclamato presidente siriano Ahmad Sharaa, che ha preso il potere lo scorso dicembre dopo esser stato a lungo un capo milizia di ispirazione qaedista, ha accusato Israele di "seminare divisioni" nell'area e di "provocare tensioni e caos". Proprio Sharaa, di recente non più considerato "terrorista" dagli Stati Uniti, è in contatto, tramite Washington, con Netanyahu.
La Casa Bianca mira a far raggiungere alle due parti un accordo di normalizzazione, che sarebbe senza precedenti visto lo stato di belligeranza che vige tra i due Paesi sin dalla loro nascita come Stati formalmente indipendenti circa 80 anni fa. Israele occupa le Alture siriane del Golan dal 1967 e le ha annesse nel 1981, con una mossa riconosciuta finora solo dal primo mandato Trump nel 2019.
Gli stessi inviati speciali americani in Medio Oriente, da Steve Witkoff a Thomas Barack, hanno faticato nelle ultime ore a tenere a freno la furia militare israeliana in Siria. Eppure, il premier israeliano, che aveva già dato ordine di bombardare Damasco nella primavera del 2024 (attacco al consolato iraniano), ha ribadito l'intenzione di proseguire con la sua strategia. E sulla Siria, dove l'esercito israeliano occupa da otto mesi territori tra il Golan e Damasco, alza la posta: "continueremo a usare i mezzi militari per far rispettare le nostre linee rosse: smilitarizzare l'area a sud di Damasco, dalle alture del Golan alla montagna drusa, e proteggere i fratelli dei nostri fratelli, i drusi", ha detto il premier, riferendosi alla sempre più influente comunità drusa della Galilea israeliana. I drusi della Galilea servono nell'esercito israeliano e alcuni alti ufficiali drusi sono in prima linea in Siria.
La guerra di Netanyahu non si ferma nemmeno nel vicino Libano, dove anche oggi Israele ha condotto raid aerei contro installazioni di Hezbollah nel sud. Nei giorni scorsi, un'intera famiglia di siriani, non legati a Hezbollah, è stata sterminata assieme a tre libanesi in un bombardamento israeliano nella valle orientale della Bekaa, al confine proprio con la Siria. Questi attacchi avvengono nonostante l'accordo per il cessate il fuoco, raggiunto tra Israele e Hezbollah tramite il governo di Beirut, lo scorso novembre. E nonostante la presenza di un "meccanismo di de-escalation" formalmente presieduto in Libano da alti ufficiali statunitensi e francesi.