Estero

Trump impone dazi del 25% all'India e minaccia sanzioni per acquisti dalla Russia

La Fed mantiene i tassi stabili nonostante la crescita del PIL USA del 3% nel secondo trimestre

30 luglio 2025
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Dazi al 25% all'India, oltre ad una per ora non meglio precisata "penalty" per l'acquisto di armi ed energia da Mosca, "in un momento in cui tutti vogliono che la Russia fermi i massacri in Ucraina".

Donald Trump annuncia su Truth il conto per New Delhi a due giorni dalla scadenza per concludere un accordo che sembra ormai impossibile. Nel frattempo il Pil Usa torna a correre nel secondo trimestre (+3%), anche se non è oro tutto ciò che luccica e la Fed è intenzionata a mantenere i tassi di fronte all'incertezza della guerra dei dazi. Stessa scelta anche da parte della banca centrale del Canada, Paese che rischia di non strappare alcun accordo con Washington.

Nel suo post il tycoon definisce l'India un Paese "amico" le cui tariffe però "sono troppo alte, tra le più alte al mondo", e le cui barriere commerciali non monetarie sono "le più rigide e odiose di qualsiasi altro Paese". Inoltre "hanno sempre acquistato la stragrande maggioranza del loro equipaggiamento militare dalla Russia e sono il maggiore acquirente di energia della Russia, insieme alla Cina", accusa.

Preannunciando per questo, oltre ai dazi, una penalità che potrebbe essere il primo esempio delle sanzioni secondarie minacciate contro Mosca e i suoi partner commerciali allo scadere dell'ultimatum di 10 giorni al Cremlino per mettere fine alla guerra contro Kiev. Una penalità che in teoria rischia anche Pechino, con cui però Trump vuole assolutamente chiudere un accordo, anche a costo di snobbare Taiwan.

Il governo indiano ha replicato di aver "preso nota" dell'annuncio del tycoon e ha ribadito l'impegno a negoziati per "un accordo giusto, equilibrato e reciprocamente vantaggioso". Ma ha ammonito che attribuisce "la massima importanza alla tutela degli agricoltori e delle nostre piccole e medie imprese" e che intraprenderà "tutti i passi necessari per proteggere l'interesse nazionale, come già accaduto con altri accordi commerciali, tra cui quello con il Regno Unito".

Finora gli Usa (che hanno un deficit commerciale di 45 miliardi con New Delhi) non sono riusciti a farsi aprire il mercato indiano su due fronti: l'agricoltura e il settore lattiero-caseario. Linea dura anche dal Brasile di Lula, che in una intervista al New York Times ha messo in chiaro che non si inchinerà ai diktat di Trump per la liberazione di Bolsonaro.

Intanto l'economia americana ha registrato una ripresa, crescendo a un tasso annualizzato del 3% nel secondo trimestre, sopra le aspettative degli analisti (tra il 2,3% e il 2,6%), dopo la frenata di quello precedente (0,5%). Un risultato "molto meglio del previsto" che ha indotto Trump a rilanciare la sua richiesta di abbassare il costo del denaro a "Too late", il nomignolo che ha dato al presidente della Fed Jerome Powell.

Ma la Federal Reserve è orientata a mantenere i tassi stabili tra il 4,25% e il 4,5%, sfidando il tycoon, che vorrebbe ridurre i costi di finanziamento all'1% sostenendo che la sua politica sui dazi non causa inflazione. Il balzo del Pil nel secondo trimestre cela però alcuni segnali di rallentamento della crescita di fondo, soprattutto se la comparazione è tra gli ultimi due semestri (secondo il Financial Times, l'economia Usa è cresciuta dell'1,1% nella prima metà del 2025, rispetto al 2,9% della seconda metà dell'anno precedente).

Il Pil è stato trainato da un calo delle importazioni dovuto all'entrata in vigore dei dazi e alla brusca inversione di tendenza della corsa delle aziende all'acquisto di beni esteri nei primi tre mesi dell'anno. La spesa al consumo, il motore dell'economia, è cresciuta moderatamente e gli investimenti delle imprese in beni strumentali hanno subito un brusco rallentamento dopo aver registrato una crescita a due cifre nel trimestre gennaio-marzo. Inoltre gli investimenti residenziali hanno subito una contrazione per il secondo trimestre consecutivo.