Trump impone sanzioni al giudice Moraes e accusa il Brasile di violazioni dei diritti umani
Con le sanzioni al giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, e l'innalzamento dei dazi al 50%, senza margini di trattativa, è entrata nel vivo la rappresaglia dell'amministrazione Usa contro il Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva.
Il presidente americano Donald Trump ha firmato oggi un ordine esecutivo per imporre dazi del 40% sul Brasile, portando l'importo totale al 50%, "per far fronte alle recenti politiche, pratiche e azioni del governo brasiliano che costituiscono una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale, la politica estera e l'economia degli Stati Uniti", si legge nella nota della Casa Bianca.
Nella nota si cita in particolare il processo nei confronti dell'ex presidente Jair Bolsonaro e di migliaia di suoi sostenitori da parte del governo brasiliano. "Costituiscono gravi violazioni dei diritti umani che hanno minato lo stato di diritto in Brasile", attacca la Casa Bianca.
L'esecutivo di Donald Trump non perdona al leader progressista del Brasile di voler guidare - insieme a Mosca - il gruppo dei Brics verso transazioni commerciali in valuta locale bypassando il dollaro. E non perdona a Lula il processo per tentato colpo di Stato a Bolsonaro, che potrebbe costare all'amico del tycoon oltre trent'anni di carcere.
A due giorni dall'entrata in vigore dei dazi - che secondo uno studio della Bmj potrebbero provocare un crollo del 35% dell'export brasiliano verso gli Stati Uniti già nel secondo semestre di quest'anno, con perdite di almeno 5,2 miliardi di dollari - Washington ha rafforzato l'offensiva contro il giudice de Moraes con un'azione senza precedenti.
Facendo leva sulla legge Magnisky, per aver "assunto il ruolo di giudice e giuria in una caccia alle streghe illegale contro cittadini e imprese americane e brasiliane", il responsabile del Tesoro americano, Scott Bessent, ha di fatto bloccato beni e interessi del magistrato negli Usa e la sua possibilità di fare transazioni.
Nelle motivazioni, il giudice brasiliano viene tra l'altro additato come il "responsabile di una campagna oppressiva di censura, detenzioni arbitrarie e persecuzioni giudiziarie, anche contro l'ex presidente Bolsonaro". Una misura che si aggiunge a quella del 18 luglio, quando il segretario di Stato americano, Marco Rubio, aveva annunciato la revoca dei visti ai giudici della Corte suprema federale e ai loro parenti, anche in quel caso, citando espressamente Moraes.
L'iniziativa conferma quanto emerso da una missione di parlamentari brasiliani a Washington, e cioè, che una tregua sul dossier Bolsonaro è imprescindibile per una trattativa sulla partita dei dazi, al via dal primo agosto.
Il ministro delle Finanze brasiliano, Fernando Haddad ha già preparato i piani di emergenza per andare in soccorso dei settori più colpiti dalla tassazione Usa, dopo che nei giorni scorsi Washington non ha mostrato grande interesse a trovare soluzioni. In un'intervista al New York Times Lula ha detto di non volersi piegare ai diktat di Trump. "Nella politica tra due Stati, occorre sempre trovare una via di mezzo", ha indicato il sudamericano. Ma la strada per arrivare ad un compromesso, oggi appare più difficile che mai.