Estero

Israele intensifica i raid su Gaza mentre cresce la tensione internazionale

Appelli globali per aiuti umanitari, mentre Netanyahu invita i palestinesi a lasciare la Striscia

12 agosto 2025
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L'esercito israeliano non dà tregua a Gaza dove, in attesa dell'annunciata offensiva destinata nella mente di Netanyahu a "liberare Gaza City da Hamas", non si placano i raid aerei e non si smette di contare i morti. Secondo il ministero della Salute della Striscia sono 89 quelli delle ultime 24 ore, 31 dei quali freddati ai centri per la distribuzione degli aiuti.

Ed è anche su questi ultimi che si concentra l'attenzione del mondo, con una serie di appelli accorati rivolti ad Israele affinché consenta l'ingresso di cibo e medicine per combattere una crescente carestia. L'Onu parla di 300 mila bambini a rischio malnutrizione acuta. Israele nega, presentando un suo studio secondo il quale non esiste a Gaza una "carestia diffusa", e parla solo propaganda orchestrata mostrando sui social persone affette da patologie pregresse. Una tesi smentita da fonti mediche e numerose testimonianze, tanto da far firmare a vari Paesi Ue, tra cui l'Italia, ed extra Ue, tra cui Australia e Giappone, un documento in cui si chiede al governo israeliano "di autorizzare tutte le spedizioni di aiuti delle Ong internazionali e di consentire agli operatori umanitari essenziali di svolgere le loro attività". Perché "la carestia a Gaza si sta diffondendo sotto i nostri occhi".

Brucia anche la strage dei giornalisti, che Israele giustifica affermando che "Anas Sharif (il cronista di al Jazeera obiettivo del raid, ndr) era pagato da Hamas". È altissima la tensione a Gaza city, in attesa della spallata israeliana, dove i raid si sono intensificati. Netanyahu a sorpresa in serata dichiara che "consentirà ai residenti di lasciare la Striscia", come è accaduto durante altre guerre, come in Siria, Ucraina e Afghanistan". E invita espressamente "i Paesi che vogliono aiutare i palestinesi", ad "aprire loro le porte". Non c'è ancora un ordine di evacuazione, ma le frasi del premier israeliano suonano come più che un auspicio a svuotare la più popolosa città della Striscia dove sconfinate tendopoli sono sorte accanto ai pochi edifici ancora in piedi. E a tutt'oggi non è chiaro dove Israele intenda collocare il milione circa di persone lì ammassate dopo che altri importanti insediamenti sono stati rasi al suolo.

Una operazione che alcuni esperti non esitano a definire "difficile e costosa" ma per Israele necessaria a neutralizzare una "roccaforte" considerata "il cuore del potere di Hamas". Eliminati molti dei suoi capi, secondo i quotidiani annunci dell'Idf, il movimento non ha mai accolto le richieste di disarmo, e nuove leve, anche giovanissime, senza lavoro, senza scuola e senza casa, vengono facilmente arruolate sulla spinta dall'aggressione israeliana. È probabile che a Gaza City si trovino anche degli ostaggi israeliani, l'altra partita che il governo Netanyahu ha deciso di posporre alla distruzione di Hamas.

Nonostante tutto, non si fermano gli sforzi dei mediatori per giungere a un cessate il fuoco, seppure con poche speranze. Egitto, Qatar e Turchia stanno lavorando a un nuovo piano di pace e per il rilascio degli ostaggi da presentare ad Hamas, che ha mandato al Cairo una sua delegazione. Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha convocato una conferenza stampa per annunciare che contatti sono in corso anche con gli Stati Uniti con l'obiettivo di un cessate il fuoco di 60 giorni.

E c'è chi già pensa al futuro governo di Gaza: alla fine della guerra potrebbe essere affidata all'imprenditore palestinese ed ex alto funzionario dell'Anp Samir Hulileh, ritenuto una figura accettabile anche da Israele e dagli Stati Uniti, e che governerebbe la Striscia con l'avallo della Lega Araba. Per la ricostruzione stima 53 miliardi di dollari di investimenti, con gli Stati del Golfo pronti a contribuire. Ma nella sua visione dovrebbero impegnarsi in modo significativo anche Usa e Ue.