La presidente dell'Eurocamera incontra Zelensky e ufficializza la sede a Kiev; Bruxelles attende sviluppi sul 19° pacchetto di misure contro Mosca coordinati con gli Usa
Nel mezzo dello stallo sui colloqui di pace l'Unione europea torna a mostrare il suo sostegno plastico all'Ucraina. Con una missione non preannunciata la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola ha fatto tappa a Kiev incontrando Volodymyr Zelensky e, soprattutto, ufficializzando l'apertura di un ufficio del Parlamento europeo nella capitale ucraina.
Un segno tangibile dell'ulteriore avvicinamento di Kiev all'Ue, quello portato da Metsola, in attesa che si muova qualcosa sulle sanzioni a Mosca. E, in questo senso, la ("buona") telefonata avvenuta nella tarda serata di martedì tra Ursula von der Leyen e Donald Trump potrebbe essere un segno dell'accelerazione sul 19° pacchetto di misure contro il Cremlino.
La visita di Metsola ha sancito innanzitutto una novità, l'apertura dell'ufficio del Parlamento europeo in Ucraina. "È venuto il tempo di andare avanti sul processo di ingresso dell'Ucraina in Europa. L'ufficio del Parlamento europeo che apriremo a Kiev vuole essere la nostra voce, diretta, sul campo", ha sottolineato la presidente dell'Eurocamera, accolta alla Verkhovna Rada (il Parlamento ucraino) prima da una standing ovation e poi dall'inno cantato con una mano sul cuore dai deputati.
"Rimarremo sempre al vostro fianco, vi appoggeremo, sino a quando vi avremo nella nostra famiglia europea", ha sottolineato Metsola, con al suo fianco il presidente della Rada, Ruslan Stefanchuk. Poi, l'incontro con Zelensky. Con il presidente ucraino i temi toccati sono stati diversi, non ultimo quello delle posizioni di Ungheria e Slovacchia sia rispetto alle sanzioni sull'energia russa sia rispetto al cammino di Kiev verso Bruxelles.
"È importante che l'Ue resti un difensore globale della libertà, a maggiore ragione in un momento in cui stiamo assistendo a un rimodellamento dei rapporti con gli Usa", ha sottolineato Zelensky, augurandosi che Bruxelles riporti Budapest e Bratislava a "posizioni più europee". E chiamando nuovamente l'Occidente - Washington inclusa - ad andare avanti sulle sanzioni per colpire le entrate del Cremlino dall'export di greggio e gas.
Sul dossier l'Ue è costretta a muoversi guardando agli Usa. Bruxelles non può, di fatto, mettere in campo delle sanzioni secondarie nei confronti dei Paesi terzi che importano l'energia russa. Su questo punto serve il cappello del G7 o comunque un coordinamento che non può prescindere da Washington. Più facile, per la Commissione, andare avanti sulle sanzioni sul settore bancario o sui visti turistici.
Resta, in ogni caso, l'incognita di Trump. La lettera in cui il presidente americano ha chiesto ai membri della Nato di mettere dazi al 50% o al 100% a chi compra energia russa, a cominciare da India e Cina, per ora non ha sortito effetti a Bruxelles. Palazzo Berlaymont, secondo alcune indiscrezioni, starebbe lavorando a uno schema di sanzioni nei confronti delle aziende cinesi ma il progetto, per ora, non ha ancora una forma ben delineata. Diverso il discorso dell'India, con cui la Commissione ritiene di dover avere un rapporto privilegiato.
Non a caso, in vista di un possibile accordo di partenariato con New Delhi nei prossimi mesi, l'esecutivo Ue ha stilato una proposta con le 5 priorità sui cui accelerare i negoziati: prosperità e sostenibilità, tecnologia e innovazione, sicurezza e difesa, connettività e questioni globali, più un pacchetto di strumenti trasversali che include anche la gestione della migrazione legale.
Il documento, per una coincidenza che secondo alcune fonti ben informate non è stata casuale, è stato presentato nel giorno del 75° compleanno di Narendra Modi. Ma il negoziato con l'India non sarà semplice. "La partecipazione alle esercitazioni Zapad-2025 e l'acquisto di petrolio russo ostacolano il rafforzamento dei legami, dovremmo essere dalla stessa parte", ha avvertito l'Alto Rappresentante Kaja Kallas.