Un totale di 158 imprese provenienti da 11 Paesi sono coinvolte in determinate attività negli insediamenti israeliani illegali nei territori palestinesi occupati, secondo un rapporto aggiornato e reso noto oggi a Ginevra dalle Nazioni Unite.
La maggior parte delle aziende elencate hanno sede in Israele, mentre altre in Canada, Cina, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti d'America, precisa un comunicato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani.
Il rapporto identifica le imprese coinvolte in attività specifiche tra cui la fornitura di attrezzature e materiali che facilitano la costruzione e la manutenzione di insediamenti illegali, la demolizione di case e proprietà palestinesi, le attività di sorveglianza, l'uso di risorse naturali per scopi commerciali e l'inquinamento e lo scarico di rifiuti nei villaggi palestinesi, si legge nel comunicato. Le aziende interessate dall'aggiornamento del 2025 si concentrano principalmente su attività commerciali legate all'edilizia, al settore immobiliare, all'estrazione mineraria e alle cave.
Il rapporto dell'Onu invita le aziende ad "adottare misure appropriate per affrontare gli impatti negativi sui diritti umani" delle loro attività e a "provvedere o cooperare alla loro riparazione attraverso processi appropriati".
Commissionato dal Consiglio Onu per i Diritti Umani, lo studio aggiorna i precedenti rapporti in materia resi noti nel 2020 e nel 2023. Rispetto al 2023, un totale di 68 nuove aziende sono state aggiunte all'elenco, mentre sette sono state rimosse perché non più coinvolte nelle attività in questione.