Estero

Ue-Nato formano il drone wall, Zelensky vuole i Tomahawk

L'Unione Europea (e la Nato) accelerano sull'idea di un muro anti-drone proprio mentre si moltiplicano gli avvistamenti di velivoli senza pilota, sempre in Danimarca e Svezia, nei pressi di basi militari.

Il commissario alla Difesa Andrius Kubilius, dalla Finlandia, ha presieduto una riunione con 9 Paesi dell'Ue, più l'Ucraina, per passare alla fase attuativa del piano, proposto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen durante il suo discorso programmatico a Strasburgo. "È una priorità, perché sui droni siamo scoperti e serve subito una rete di sensori di rilevamento, tracciamento e intercettazione", ha incalzato l'ex premier lituano Kubilius.

Se da una parte ci si difende, dall'altra si pensa di andare all'attacco. Stando al britannico Telegraph, infatti, sono i missili da crociera Tomahawk le armi che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto in privato a Donald Trump per costringere il Cremlino a sedersi al tavolo dei negoziati.

I Tomahawk hanno una gittata che va da 1.600 ai 2.500 chilometri e consentirebbero a Kiev di colpire il territorio russo nel profondo, con ben più forza di quanto non possano fare al momento le armi sviluppati in patria -- da qui il 'consiglio' di Zelensky ai massimi funzionari di Mosca di controllare la presenza di rifugi antiaerei vicino al Cremlino. Ma al momento non ci sono indicazioni che il tycoon abbia accettato. Il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha comunque liquidato l'uscita di Zelensky come "irresponsabile".

Tornando alla muraglia anti-drone, l'idea è nata nei Baltici, guardando all'esperienza ucraina per neutralizzare le minacce di domani (ma anche di oggi, come dimostrano le cronache). Von der Leyen, nel corso della sua visita al fianco orientale d'inizio settembre, ne ha appreso i dettagli e ha deciso di farne una battaglia europea. Con spettacolare tempismo, va detto. Kubilius ha spiegato che il muro anti-drone è parte di un progetto più ampio, l'Eastern Flank Watch (Guardia del Fianco Est), "progetto di punta sulla difesa volto a proteggere l'intera Unione Europea" che avrà una componente "terrestre" (ad esempio le trincee anti-carro), di "sicurezza marittima per il Mar Baltico e il Mar Nero" e "misure sullo spazio".

All'incontro hanno partecipato i ministri della Difesa di Bulgaria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Ungheria e Slovacchia. Inoltre si sono uniti l'alto rappresentante Ue Kaja Kallas, la presidenza danese del Consiglio e un rappresentante della Nato. Il ministro della Difesa ucraino Denys Shmyhal ha condiviso l'esperienza sul campo di Kiev. Il tema verrà trattato anche al vertice informale dei leader Ue di Copenaghen ma, intanto, gli sherpa dei ministeri inizieranno il lavoro pratico, perché è imperativo progredire spediti.

La Nato, in tutto questo, non sta certo a guardare e dal Quartier Generale fanno sapere che i primi sistemi di nuova generazione saranno dislocati già nelle prossime "settimane e mesi". Avere però un sistema integrato di allerta e risposta lungo l'intero fianco orientale, dalla Finlandia (che ha 1300 chilometri di confine con la Russia) al Mar Nero, è un'impresa monumentale, oltre che dispendiosa.

Secondo fonti bene informate consultate dall'ANSA, sono in corso analisi per capire quale sistema adottare, con un mix di "strumenti cinetici" (termine tecnico per missili, mitragliatrici, droni intercettori) e non (ad esempio mezzi cyber, elettromagnetici o i prototipi di cannoni laser). Anche perché il modello messo a punto dall'Ucraina, oggi tanto citato, necessiterebbe di "milioni d'intercettori".

"Gli specialisti di Kiev dicono che alla sola Lituania, che ha 900 chilometri di frontiera con Russia e Bielorussia, ne servirebbero 3 milioni", afferma una delle fonti. L'ecosistema costruito dall'Ucraina sotto la spinta della necessità è capace di assicurare volumi enormi. Ma replicarlo sul scala europea non sarà semplice né economico.