I dazi di Donald Trump sono accolti con scetticismo dalla Corte suprema, chiamata a esprimersi sulla legalità dell'uso da parte del presidente dei poteri di emergenza per imporre tariffe sulle importazioni da quasi tutti i partner commerciali americani.
Una decisione dalle conseguenze economiche mondiali e in grado di infliggere un duro pesante colpo all'agenda del presidente, che ha fatto dei dazi il tassello portante della sua politica economia e estera.
Il presidente è perfettamente consapevole della portata dell'attesa sentenza: "il caso della Corte suprema degli Stati Uniti è, letteralmente, questione di vita o di morte per il nostro paese", ha affermato sulla sua rete sociale Truth.
Nel corso dell'udienza per ascoltare le argomentazioni delle due parti, quella a favore e quella contro, i saggi - anche i conservatori nominati da Trump - hanno lasciato trapelare dalle loro domande dubbi sulle tariffe chiamandole più volte "tasse", e hanno incalzato i legali presidente chiedendo spiegazioni sulla loro interpretazione dell'International Emergency Powers Act, quello a cui ha fatto ricorso il presidente per giustificare i dazi del "Liberation Day".
La legge dà al presidente l'autorità di affrontare "minacce straordinarie" in caso di un'emergenza nazionale, inclusa quella di "regolare" l'importazione" di "beni esteri", ed è stata approvata negli anni '70 per limitare i poteri presidenziali in materia di sicurezza nazionale dopo i dazi imposti da Richard Nixon per affrontare la crisi della bilancia dei pagamenti in seguito al crollo del sistema monetario di Bretton Woods. La norma non fa alcun riferimento esplicito ai dazi, competenza esclusiva del Congresso come le tasse e per i quali sono state concesse solo alcune deleghe al presidente.
Uno dei nodi emersi nel corso dell'udienza, sollevato da Amy Coney Barrett, è la questione dei rimborsi qualora i dazi venissero dichiarati illegali. Secondo alcune stime, il governo ha già incassato almeno 90 miliardi di dollari e restituirli sarebbe un problema non indifferente, considerato che non sono mai stati effettuati rimborsi di tale portata.
Una sconfitta di Trump sui dazi in una Corte suprema a maggioranza conservatrice sarebbe un duro colpo per il presidente perché metterebbe a rischio alcune delle sue promesse elettorali. Senza le entrate dalle tariffe per l'amministrazione sarebbe più difficile finanziare il taglio delle tasse contenuto nel "Big Beautiful Bill" e ridurre quel debito che continua ad aumentare ed è avviato a superare anche quello di Grecia e Italia entro la fine del decennio (stime del Fondo monetario internazionale).
Lo scetticismo dei giudici fa crollare sui mercati delle scommesse al 32% le chance di vittoria di Trump alla Corte suprema e spinge Wall Street, dove i listini dopo un avvio cauto avanzano decisi, intravvedendo una schiarita all'orizzonte sul fronte commerciale.
Anche se l'amministrazione sta lavorando a un "piano B" qualora le tariffe fossero bocciate, un'eventuale decisione della Corte suprema contro il presidente ne limiterebbe potenzialmente i poteri e quindi la possibilità che nuovi dazi vengano decisi e annunciati a suon di post su Truth.