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Dal gregge al quinto potere

La civiltà, nel suo divenire, è una forma di resistenza alla tendenza naturale al disordine – quel disordine che la termodinamica, nella sua seconda legge, ci ricorda essere inevitabile. L’ordine, dunque, come costruzione fragile e provvisoria, è ciò che definisce la civiltà: uno sforzo collettivo per sottrarre porzioni di realtà al caos, per dare forma, durata, direzione. Talvolta fondato su costante e assidua prova ed errore, come fa una formica quando trova la sua strada ostacolata da un “accidente” – per agganciarsi a un interessante dibattito lanciato da Marco Pelosi – e riprende il cammino deviando con ostinata intelligenza.

Henri-Frédéric Amiel, nella sua teoria del gregge, ci offre uno sguardo disilluso ma profondamente lucido: l’umanità tende a muoversi come massa, sospinta non tanto da ideali elevati quanto da paure comuni, istinti conservativi, inerzia sociale. La civiltà appare così come un equilibrio dinamico tra la spinta entropica verso il disordine e una razionalità collettiva che tenta, faticosamente, di orientare e organizzare.

Laurence J. Peter ha ipotizzato che “in una gerarchia, ogni dipendente tende a salire fino al proprio livello di incompetenza”. Secondo Amiel, la tendenza del gregge a favorire la mediocrità può influenzare negativamente la qualità dei leader. Ortega y Gasset osservava: “L’anima mediocre… afferma il diritto alla medietà e lo impone dovunque”.

L’accidente – sia fisico che antropico – diventa forza trasformatrice. Ma se la guida è affidata a leader selezionati per conformità e non per visione, l’incidente smette di essere occasione di apprendimento e diventa amplificatore del caos.

Nassir Ghaemi, in A First-Rate Madness, riprende Platone: la creatività, anche politica, può nascere da una “follia divina”. Il pensiero laterale, non lineare, può fondare civiltà.

Il recente contributo dell’avv. Franco Gianoni La sentinella del popolo richiama il ruolo cruciale della stampa. Ma oggi quell’autorità si è dispersa nel quinto potere: l’infosfera digitale. Asma Mhalla, nel suo Technopolitique, parla di piattaforme che esercitano sovranità. Lo spazio informativo si frammenta in silos, tra splinternet e split AI. La politica tradizionale, in questo nuovo spazio, è spesso assente.

A ciò si somma un duplice analfabetismo: quello tradizionale e quello digitale, che espone soprattutto i giovani a contenuti privi di filtri auto-critici. Qui la scuola dovrebbe intervenire, insegnando non solo cosa pensare, ma come informarsi: cercando nella varietà delle fonti, decodificando, confrontando, approfondendo.

La verità rischia oggi di perdersi nel rumore. Non dobbiamo illuderci che la democrazia liberale sia l’unico sistema legittimo, né usarla come pretesto per esportare guerra. Dobbiamo invece difendere la nostra neutralità – armata – come spazio strategico, autonomo, nel cuore d’Europa.

La stampa resta essenziale, ma non basta più. Occorre ricostruire il campo di senso entro cui l’informazione ha valore, il giudizio ha tempo, e l’accidente può ancora generare civiltà. Solo in questo spazio, l’essere umano – atomo indivisibile, libero e portatore di diritti – può restare il centro consapevole della polis, e non il suo semplice prodotto.