laR+ Declinazioni di pensiero

Non solo intrattenimento

(Keystone)

Sulle pagine del Tages-Anzeiger Joël Dicker – autore svizzero di bestseller – risponde così all’intervistatore che gli chiede cosa ne pensi della critica che ha definito il suo ultimo libro, ‘L’enigma della camera 622’, una storia banale e gonfiata: “Chi non ama i miei romanzi perché sono di intrattenimento non capisce il mio lavoro. Netflix e gli altri servizi di streaming o anche gli organizzatori di eventi calcistici investono molto denaro per creare spettacoli e offrire emozioni. Ma quando si tratta di libri e letteratura, si pensa che per contrastarli bastino storie noiose e mal raccontate”. Dicker aggiunge: “La concorrenza è spietata. Il telefono cellulare è sempre presente e io come autore devo lottare e presentare ai miei lettori libri tanto emozionanti da spingerli a sfruttare ogni momento libero per leggere”.

Sono affermazioni che fanno riflettere. Ha ragione Dicker? Dev’essere questo il solo e unico scopo della letteratura: intrattenere? In tal caso un romanzo sarebbe uguale a una serie poliziesca, a un video su TikTok, a un fumetto o una partita di calcio perché tutti, allo stesso modo, sono passatempi che ci divertono ed emozionano. Eppure qualcosa non torna. Se noi scegliamo un certo mezzo espressivo è perché cerchiamo di soddisfare un certo bisogno. Se andiamo alla partita è per risvegliare in noi “l’istinto guerriero”; se leggiamo una poesia è per scoprire connessioni inaspettate tra parole e idee; se guardiamo un film d’azione è per sentirci un po’ eroi; se leggiamo un giornale è per informarci su ciò che accade nel mondo e così via. Non solo: bisogna fare le giuste distinzioni anche all’interno di ogni singolo mezzo: ci sono le partite della squadra di quartiere e quelle di Serie A, ci sono i film storici e quelli horror, ci sono i video con contenuti scientifici e quelli che parlano di moda e trucchi, ci sono la musica classica e quella pop.

L’affermazione di Dicker sui libri è riduttiva. Prima di tutto perché non si può mettere sullo stesso piano un libro con i contenuti del cellulare o con una serie Tv, ma anche perché all’interno del genere “libro”, esistono tantissime varianti. La lettura d’intrattenimento, dove a contare è soprattutto la trama, non l’ha inventata Dicker, ma è sempre esistita e coincide solo in parte con la “letteratura”, che nasce invece per infrangere barriere, per esplorare il proprio io o, al contrario, andare al di là di sé stessi, per infilarsi sotto la superficie delle cose e sognare, curiosare, spaziare qua e là alla ricerca dell’insondabile. Lo sforzo che sta compiendo Dicker per “superare” la concorrenza è dunque inutile e controproducente, visto che crea appiattimento, facendoci credere che si tratti solo di “distrarsi”, mentre in realtà ogni forma d’arte e di immaginazione serve un pubblico diverso oppure lo stesso pubblico in momenti diversi della propria vita. Che tristezza se i libri si limitassero a scimmiottare i cellulari. Che tristezza che un autore famoso si faccia portatore di un simile messaggio. Di questi tempi ci vogliono narrazioni più coraggiose, in tutti i sensi.