Dietro all’apparente nobiltà d’animo delle “piccole forme di ribellione” come espressione individuale di giustizia si cela un meccanismo ben più inquietante: il boicottaggio selettivo, l’indignazione moralmente a senso unico, e la normalizzazione di accuse gravi – come quella di “crimini contro l’umanità” – rivolte senza contraddittorio a un leader democraticamente eletto come Benjamin Netanyahu.
Ciò che viene definito “resistenza” ricorda piuttosto l’adesione acritica a una narrativa ideologica che semplifica la realtà in buoni e cattivi. Elon Musk e Donald Trump vengono ridicolizzati come megalomani narcisisti; Israele viene paragonato alla Russia di Putin, ignorando che a differenza della Russia, Israele è sotto attacco da decenni da gruppi terroristici che negano la sua stessa esistenza, come Hamas, autore del massacro del 7 ottobre – citato solo di sfuggita. Un atto di barbarie pianificato con violenza sessuale sistematica e mutilazioni, su cui perfino l’Onu è stata costretta a indagare, seppur con colpevole ritardo.
Nel frattempo, nessuna menzione dei crimini quotidiani commessi da Hamas contro la propria stessa popolazione, dell’uso sistematico di civili come scudi umani, dei tunnel sotto scuole e ospedali, o della persecuzione di donne e minoranze Lgbtq+ a Gaza. Boicottare Israele e ignorare questi elementi non è un atto di ribellione, è un atto di complicità con una narrativa distorta.
Dov’erano i boicottaggi civili quando milioni di uiguri venivano internati in campi di rieducazione in Cina? Dove sono le campagne contro l’Iran, che impicca ragazze per aver cantato o rifiutato il velo? E l’Arabia Saudita, che decapita dissidenti e bombarda lo Yemen? I boicottaggi “buoni” sembrano avere un comune denominatore: Israele, lo Stato ebraico.
Un’operazione militare che cerca di estirpare Hamas, con sforzi dichiarati per ridurre vittime civili – per quanto imperfetti e tragici – non può essere paragonata ai genocidi storici. Farlo significa svilire la memoria di quelli veri.
E mentre si chiede di non tagliare i fondi all’Unrwa, si tace sul fatto che questa agenzia dell’Onu è gravemente compromessa, con oltre 1’200 dei suoi dipendenti legati ad Hamas o coinvolti direttamente nel massacro del 7 ottobre (dati confermati da intelligence occidentali). È questa l’umanità che si vuole difendere?
Il vero atto di ribellione oggi non è boicottare selettivamente ciò che il mainstream ci suggerisce. È osare pensare in modo critico, rifiutando le narrazioni prefabbricate. È difendere la libertà, anche quella di uno Stato imperfetto ma democratico, assediato da chi lo vuole distruggere. È ricordare che la giustizia senza verità è propaganda.