Nel caos del conflitto israelo-palestinese una parte della sinistra occidentale, quella che un tempo si ergeva come paladina dei diritti umani universali, ha scelto una deriva opportunista e miope. Pur di accarezzare certi elettorati radicalizzati e guadagnare qualche voto marginale, essa ha abbracciato posizioni che, nel lungo termine, mettono a rischio i valori stessi che afferma di difendere: la libertà, l’uguaglianza, la giustizia sociale. Non si tratta più solo di una critica legittima alla politica israeliana, ma di un uso strumentale del conflitto per costruire narrazioni ideologiche unilaterali, semplificate fino al grottesco. La realtà complessa della regione viene ridotta a uno schema infantile “colonizzatore vs. colonizzato”, ignorando volutamente il contesto: il rifiuto arabo di ogni proposta di pace, l’uso sistematico del terrorismo da parte di Hamas, il lavaggio del cervello ai bambini palestinesi e l’odio istituzionalizzato contro Israele. Questa sinistra, che in passato ha sostenuto la rivoluzione islamica in Iran, dimentica com’era andata a finire: l’Occidente, illuso dalla “primavera” islamista, ha contribuito a rafforzare proprio quei regimi, che oggi impiccano donne e dissidenti e finanziano il terrorismo globale. Allora come oggi la priorità non era la democrazia, ma cavalcare il vento ideologico del momento. E oggi quel vento soffia da Gaza, alimentato dalla propaganda di chi sogna un mondo senza Israele e senza libertà. Come mai queste stesse voci non manifestano per gli uiguri nei campi di rieducazione in Cina, per le donne imprigionate in Afghanistan, per gli omosessuali torturati in Iran o per i dissidenti massacrati in Corea del Nord? Perché non scendono in piazza quando Hamas usa ospedali e scuole per nascondere razzi o quando Hezbollah bombarda civili da villaggi libanesi? Perché, molto semplicemente, quei crimini non portano voti. Non infiammano i social. Non generano lo stesso dividendo politico a breve termine. Questa ipocrisia ha un prezzo. Alimentare l’odio verso Israele significa normalizzare l’antisemitismo. Significa aprire la porta a nuove forme di terrorismo in Europa. Significa perdere ogni credibilità quando si parla di diritti umani, se si è disposti a giustificare chi li calpesta, solo perché “contro il nemico giusto”. L’Occidente non può più permettersi il lusso dell’ambiguità morale. Chi difende i diritti umani non può farlo a targhe alterne. E la sinistra, che oggi abbandona i suoi principi per convenienza elettorale, domani li pagherà in termini di storia e di responsabilità. Dobbiamo rintuzzare la sinistra per il futuro dei nostri figli.