Norman Gobbi e Fabio Schnellmann, i nuovi presidenti di Governo e Parlamento, hanno dichiarato l’importanza di ristabilire buoni rapporti tra i due gremi istituzionali. Aggiungo che questo auspicio deve valere pure tra Cantone e Comuni: vi sono molti esempi, infatti, in cui è evidente il malessere tra le parti. Pensate un po’ alla comunità di Lavizzara, già in difficoltà dal punto di vista socio-economico, come possa sentirsi di questi tempi. Dapprima, nel giugno dello scorso anno, l’incomprensibile ritiro del messaggio per la progettazione della teleferica Fusio-Ambrì. Poi l’alluvione, per la quale abbiamo finalmente accolto la notizia di un aiuto maggiore della Confederazione. Infine, ora, il recente ritiro della scheda V3 a Piano direttore da parte del Consiglio di Stato, che di fatto ha stralciato il ricorso del Comune sul progetto di innalzamento della diga del Sambuco. Ricorso che sollevava aspetti pertinenti, ai quali il Governo non ha mai voluto dare risposta. A chi giova procedere con questi metodi?
Il pasticcio sulla scheda di Piano direttore non lascia presagire nulla di buono. Il ricorso del Comune di Lavizzara, inoltrato a pieno diritto e per il fatto che non aveva ricevuto risposte soddisfacenti in merito alle proprie precedenti osservazioni, verteva su tematiche diverse e ampiamente giustificate, chiedendo garanzie su traffico, paesaggio, foresta e agricoltura. Che ne sarà ora di queste legittime preoccupazioni? Anche in vista delle imminenti riversioni – e pure di altre tematiche ad esse collegate come gli introiti fiscali, i canoni d’acqua, le imposte immobiliari – è il momento di prendere in mano la situazione e ascoltare necessità ed esigenze di tutti; anche per una questione di dignità e rispetto per queste zone discoste, già in affanno. L’obiettivo, che nessuno mette in discussione, è realizzare l’importante progetto, ma a vantaggio di tutte le parti coinvolte.
Evidentemente, Aet ed Ofima – attori altrettanto determinanti – devono predisporre la transizione degli impianti oggetti di riversione nei prossimi decenni, rispondendo perciò alle sfide epocali delle strategie energetiche della Confederazione. Tuttavia ciò non deve entrare in contrasto con i legittimi interessi delle regioni coinvolte, che hanno subito e subiranno sacrifici territoriali: questo deve essere garantito, e il Cantone deve fare la sua parte con autorevolezza.
Dobbiamo assolutamente evitare che sia per il progetto del Sambuco che per altre future importanti decisioni sulla politica idroelettrica in Ticino, si torni a parlare – come in passato – di colonizzazione, di furti, di piatti di lenticchie di martiniana memoria, di divario e scontri tra città e montagna. Sarebbe deleterio. Per evitare ciò, una visita al Museo di Valmaggia a Cevio può senz’altro essere utile. È infatti appena stata inaugurata la mostra “Metamorfosi di una Valle”, dedicata proprio allo sfruttamento idroelettrico della Maggia avvenuto 75 anni fa e che accompagna un poderoso libro sul tema, pubblicato lo scorso anno. Mostra e libro sono occasioni imperdibili per conoscere la storia e soprattutto per formare uno sguardo critico e costruttivo sui prossimi passi che ci attendono. Ciò ci permetterà, me lo auguro, di far tesoro degli sbagli compiuti all’epoca (taluni comunque inevitabili per vari motivi) e agire con lungimiranza oggi.