Negli scorsi giorni, il consigliere federale Albert Rösti ha ribadito la sua contrarietà all’istituzione di un fondo federale per le catastrofi naturali, affermando che l’“auto-aiuto” nelle regioni colpite debba restare prioritario e che eventi naturali di questa portata sono fenomeni isolati. Se da un lato comprendo la necessità di rispettare il principio di sussidiarietà e il delicato equilibrio tra i livelli istituzionali del nostro federalismo, dall’altro ritengo questa posizione insufficiente e inadeguata rispetto alla realtà che stiamo affrontando. Il consigliere federale è poi stato smentito solo qualche giorno dopo le sue affermazioni: il dramma di Blatten, dove il crollo del ghiacciaio del Birch sta mettendo in ginocchio un’intera valle, è l’esempio più recente di come queste catastrofi naturali siano, purtroppo, un fenomeno sempre più diffuso.
L’estate 2024 ci ha messo di fronte a eventi climatici estremi con un’intensità e una frequenza senza precedenti. Le precipitazioni torrenziali che hanno colpito numerose regioni del Paese – con la Svizzera italiana particolarmente toccata da questi eventi, penso a Vallemaggia, Val Bavona e Mesolcina – hanno lasciato un segno profondo non solo nel territorio, ma anche nel tessuto economico e sociale di intere comunità. In molti casi, le attività economiche si sono dovute fermare per settimane se non mesi a causa dell’indisponibilità di infrastrutture essenziali: ponti crollati, strade interrotte, reti elettriche danneggiate, acquedotti inutilizzabili.
Anche se ora il Consiglio federale ha concesso, sotto pressione dei Cantoni, un aiuto straordinario alle regioni più colpite, non possiamo affidarci ogni volta all’eccezionalità e all’emotività del momento. Occorre passare da una solidarietà reattiva a una solidarietà strutturata. Serve uno strumento permanente, chiaro, trasparente e tempestivo: un fondo federale per le catastrofi naturali.
Nel settembre scorso ho presentato un’iniziativa parlamentare in tal senso. L’obiettivo è semplice: garantire risorse immediate ed efficaci per affrontare le emergenze, in modo da offrire alle comunità colpite una prospettiva di rilancio rapida. Le modalità di creazione di un simile fondo possono essere diverse e meritano una riflessione aperta: si possono immaginare strumenti pubblico-privati, come l’emissione di obbligazioni territoriali, oppure soluzioni analoghe. Il Consiglio federale, nell’ambito della sua competenza regolamentare, dovrà definire i criteri per il finanziamento, la forma giuridica, i beneficiari e le condizioni per accedere al fondo, tenendo conto anche della forza finanziaria dei Cantoni.
L’auto-aiuto locale è importante, ma non può bastare quando un Comune o un Cantone – peraltro, spesso si tratta di regioni già strutturalmente più deboli – è travolto da eventi che superano la propria capacità di azione. Lo stesso principio di sussidiarietà evoca, in questi casi, l’obbligo di intervento della Confederazione. Non si tratta di sovvertire il nostro sistema, ma di rafforzarlo con un meccanismo di sicurezza condiviso. E non siamo certo i primi a pensarci: Paesi a noi vicini prevedono già sistemi simili per garantire tempestività e coerenza nell’aiuto pubblico in caso di disastri naturali.
Davanti a scenari come quelli dell’estate scorsa o quello che stiamo vivendo adesso nella Lötschental, la risposta non può dipendere solo dalla buona volontà o dalla pressione del momento. Serve un piano. La realtà climatica con cui ci confrontiamo oggi non consente più approcci improvvisati. È il momento di dotare la Svizzera di un meccanismo strutturale che risponda con prontezza ed equità alle catastrofi naturali. Un fondo catastrofi federale non è solo una misura tecnica: è un atto di responsabilità verso le generazioni presenti e future.