È ormai assodato che il governo del Canton Ticino, in questa nuova legislatura, abbia combinato ben poco. La situazione del Cantone è talmente critica, sotto molti aspetti, che cittadini e cittadine difficilmente saprebbero indicare quali misure proposte dall’esecutivo abbiano concretamente portato loro un qualche sollievo dal punto di vista reddituale, formativo ecc. Il governo, sollecitato dal parlamento, è riuscito invece – in alcune occasioni – a produrre proposte decisamente sconvenienti, come quelle contenute negli ultimi due Preventivi (2024 e 2025), quasi tutte respinte dalla maggioranza parlamentare. Per carità, non che quest’ultima rappresenti un modello di virtù, ma il fatto che abbia dovuto “correggere” il governo dice molto…
In questo contesto di generale inconsistenza si sono distinti, per la loro particolare irrilevanza, i consiglieri di Stato leghisti, Zali e Gobbi. L’elenco dei loro insuccessi potrebbe essere lunghissimo: dalla riforma della giustizia e della polizia, naufragata sotto la guida di Gobbi, all’inconcludenza cronica dei tanti progetti sul traffico firmati Zali. Ma ciò che accomuna i due ministri leghisti è anche una serie di, chiamiamole così, disavventure comportamentali che continuano ad alimentare fiumi d’inchiostro. Il loro palmarès, in ambito governativo, si potrebbe riassumere – per usare le parole di Mourinho – con un eloquente “zero tituli”.
Eccoli dunque, anche alla luce del costante declino elettorale del loro partito e visto sfumare il progetto di una lista unica con i “parenti/serpenti” dell’Udc, lanciarsi nella proposta di un arrocco alla guida dei rispettivi Dipartimentii. Una mossa che dà l’impressione – pubblicamente – di due ministri che “fanno”, in un contesto dove in realtà tutto il governo, e loro in primis, ha combinato ben poco. L’intento sembra essere quello di trasmettere l’idea di avere ottenuto risultati nei rispettivi settori, e che uno scambio possa dare nuova linfa a entrambi i dicasteri. Un po’ di “movimiento”, come diceva Heriberto Herrera per restare in ambito calcistico.
Che dire? Innanzitutto, bisognerebbe verificare se la proposta sia giuridicamente ammissibile. Non che governo e parlamento non ci abbiano già abituati al mancato rispetto di leggi e regolamenti, ma – per quel poco che sappiamo – l’unica norma di riferimento sul tema è contenuta nel Regolamento sull’organizzazione del Consiglio di Stato e dell’Amministrazione, che recita: “Il Consiglio di Stato ripartisce i Dipartimenti fra i suoi membri all’inizio di ogni legislatura e, se del caso, in seguito a elezione complementare”. Non vi sono altre indicazioni, né vi sono state elezioni complementari. Il testo ci pare piuttosto chiaro. Vedremo come reagirà il governo, anche se le speranze sono poche…
Resta poi la valutazione politica. È evidente che non si tratti di un’operazione volta a “valorizzare le competenze” dei ministri in nuovi ambiti, bensì di un tentativo di sviare l’attenzione pubblica, se non addirittura di fuggire dalle proprie responsabilità, nella speranza di poter collezionare nuovi fallimenti altrove. Se questa dovesse diventare la filosofia della maggioranza di governo, anche settori come finanze, socialità e scuola – anch’essi in condizioni tutt’altro che rosee – potrebbero presto diventare oggetto di scambi tra ministri, giusto per “vedere l’effetto che fa”. In uno scenario del genere, il futuro delle cittadine e dei cittadini del cantone non appare affatto rassicurante. Si troverebbero infatti a confrontarsi con una classe politica dominante che pare avere come unico riferimento i propri interessi di partito (o di casta), ben lontani dalle crisi reddituale, sociale e ambientale che salariati, giovani e pensionati affrontano ogni giorno.
A tutto questo si aggiunge un aspetto tutt’altro che marginale: il tentativo della Lega – con possibili complicità – di aggirare la Costituzione cantonale. Non siamo giuristi, ma sappiamo leggere. L’idea che il Consiglio di Stato possa approvare l’avvicendamento Zali-Gobbi con una maggioranza semplice (3 voti su 5) rappresenta – a nostro modestissimo parere – un chiaro aggiramento della Costituzione. L’articolo 69, capoverso 2, recita infatti: “Per ogni decisione del Consiglio di Stato occorre la maggioranza assoluta dei suoi membri; per ogni revoca, sospensione o modifica di atti individuali e concreti occorre il voto concorde di almeno quattro membri”. Nel caso specifico, il Consiglio di Stato aveva attribuito i Dipartimenti all’inizio della legislatura. Non può ora limitarsi a modificare quella decisione: deve prima revocarla formalmente. Ciò richiede, secondo la Costituzione, una maggioranza qualificata di quattro consiglieri di Stato. Solo in un secondo momento sarà sufficiente una maggioranza semplice (3 su 5) per approvare una nuova ripartizione. Una semplice lettura del messaggio governativo dell’epoca (1994), relativo alla riforma costituzionale, conferma chiaramente questa interpretazione dell’art. 69 cpv. 2: “La revoca o la sospensione o la variazione di una decisione, di qualsiasi natura essa sia, costituisce infatti evento eccezionale che giustifica ancora oggi l’esigenza di una maggioranza qualificata, poiché essa rimette in discussione un atto del governo che è già stato oggetto in precedenza di esame collegiale”.
Non ci troviamo dunque soltanto di fronte a un’operazione di marketing politico fondata sul nulla, ma anche a un tentativo maldestro – e pericoloso – di eludere la Costituzione cantonale. Speriamo sinceramente che ci sia ancora qualcuno – a partire dagli altri membri del Consiglio di Stato – in grado di opporsi con fermezza alle farneticazioni dei ministri leghisti.