Ci mancava pure la riesumazione del Mago Otelma, quintessenza della peggior tv spazzatura italica con la faccia del Picca, per sigillare e suggellare il triste e desolante livello della nostra politica. Il Mattino l’ha riproposto addirittura in prima pagina, per annunciare che dentro la metaforica palla di vetro il divino Piccotelma ha visto i due consiglieri di Stato leghisti decidere di scambiarsi Dipartimento. È ovviamente il biondo codino di Via Monte Boglia a comunicarci, con la sua proverbiale raffinatezza argomentativa, che ormai ci siamo, l’affare è fatto. Per il bene del Cantone, ovviamente.
Che poi nessuno ne sapesse niente e che l’arrocco sia davvero possibile, contemplato dal regolamento del Consiglio di Stato, è questione che si vedrà di appurare: trascurabili dettagli. Intanto, fiato alle trombe (e ai tromboni) all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Poi, mal che vada, ci si può sempre scusare pro forma, per poi subito lasciar intendere che si è vittime di schieramenti ideologici che si battono contro la Lega (e il Cantone) per partito preso, o per invidia (di cosa?). È infatti diventata una modalità comunicativa sempre più sfruttata quella di scavalcare ogni passaggio istituzionale, ignorare regole e regolamenti (o adattarli in corso d’opera) per proporre, promuovere, promettere la qualunque, basta che faccia rumore, semini polemiche, richiami l’attenzione per il tempo necessario a incassare un po’ di visibilità. È del resto chiaramente quello di cui ha bisogno, oggi più che mai, la Lega, che con questa mossa cadregara in realtà pensa al proprio destino elettorale, entrando di fatto in campagna a metà legislatura. È poi anche quello che occorre in particolare a un Claudio Zali fresco reduce da un ennesimo appuntamento in tribunale per questioni private rispettabilissime, ma diventate anche politicamente preoccupanti, visto l’uso della museruola che il ministro ha voluto imporre in proposito a questo giornale e vista la secretazione dei nomi coinvolti (il suo per primo) ottenuta sul Cdt. Che poi, qualche giorno dopo il processo, la ex compagna di Zali vada a Teleticino a parlare delle sue (rispettabilissime) sofferenze come fosse a ‘Verissimo’ o dalla Venier, vabbè, dai su, un po’ di umana comprensione!
Il fatto è che prevale in tutto questo indistinto tramestio e chiacchiericcio un che di abituale, sempre più mestamente abituale, a livello politico, su scala regionale, nazionale, internazionale. Ormai siamo all’assuefazione, con un modello di riferimento planetario qual è Donald Trump, che della sua propensione a spararle grosse e a buttarla in caciara ha fatto una propria “cifra politica”. In fondo, ci si può poi sempre dichiarare fraintesi, negare di aver detto, smentire. Fatte tutte le debite proporzioni, a casa nostra le cose non sembrano poi andare tanto diversamente. Fra tutti si erge (si fa per dire) il presidente del governo cantonale Norman Gobbi, che con la sua ormai lunga carriera politica si muove e si esprime con una postura “trumpiana” che non teme né critiche, né senso del ridicolo, tanto la gente nemmeno si accorge di quel che ha detto. E lui per primo se ne dimentica in fretta. Si potrebbe ricordare, in proposito, alcuni suoi coloriti inviti a offrire le proprie terga che ha pubblicamente rivolto a uno o più giornalisti. Si potrebbe rievocare la sua dichiarazione circa il “bicchiere di troppo” che in tv si è trasformato in “qualche bicchiere di troppo” nell’episodio che vede ancora pendente un processo per favoreggiamento a due suoi sottoposti particolarmente zelanti, suo malgrado. Occorrerebbe andare, ancor più recentemente, all’invito espresso dal Consiglio di Stato a quello federale affinché prenda una posizione di condanna a proposito del genocidio di Gaza. Intervistato subito dopo l’ufficializzazione della posizione del CdS, Gobbi ha tenuto a precisare che non si tratta di stare con Israele o con la Palestina (su quel piano, lui sta ovviamente con Israele e ci mancherebbe); si tratta, certo, di dare un segnale di sdegno per quel che si vede accadere sulla Striscia ogni sera in tv, ma soprattutto di esprimere preventivamente un allarme di fronte alla possibilità che altri migranti (palestinesi, c’è da pensare) potrebbero premere alle nostre frontiere. Insomma, è una questione di sicurezza. La nostra algida sicurezza. Una desolante logica ombelicale che naturalmente fa presa, più del corteo di 5’000 ticinesi scesi in piazza per una manifestazione silenziosa di solidarietà in nome dei diritti umani. No, non è per quello che il governo si è mosso, e che diamine, precisa Gobbi! Ma Marina Carobbio ha detto così, si sarebbe dovuto segnalargli. E probabilmente lui avrebbe potuto o voluto rispondere: Marina chi? Perché ormai è questa la lingua della Lega, qui appena aggiustata per provare a ragionare, per chiedere sommessamente che le parole che si dicono, le iniziative politiche vestite da “interesse pubblico” siano trasparenti, chiare, discutibili. Quel che in fondo ha sostenuto lo stesso Gobbi nella sua prima dichiarazione di circostanza quale presidente del governo: ma se ne dev’essere dimenticato e con lui il suo “popolo” e il suo bacino territoriale.
Così va bene tutto, come nei social, ognuno si apre il suo ‘Truth’ e dice la (sua) verità di giornata in barba a ogni evidenza. Tanto c’è l’oblio, il sonno della ragione, decisioni che investono diritti e doveri collettivi che compaiono all’improvviso in qualche palla di vetro del Mago Otelma. Così, fra una palla e l’altra, dorme, anestetizzata, la democrazia.