La distruzione della natura può diventare un piacere edonistico? Secondo Simon Schaupp, professore ospite di sociologia della tecnologia e dell’innovazione presso l’Università tecnica di Berlino, attivo anche come sociologo presso l’Università di Basilea, la risposta è sì. Della ricerca del professor Schaupp ha parlato Joachim Laukenmann sul Tages-Anzeiger portando esempi lampanti come gli slogan “Drill, baby, drill!”, (“Trivella, baby, trivella!”) dell’ex governatrice dell’Alaska Sarah Palin o “Make coal great again!” (“Rendiamo di nuovo grande il carbone!”) di Trump e citando il movimento tedesco anti-clima Fridays for Hubraum a favore del trasporto individuale e dei motori a combustione.
Se è vero che lo spreco di risorse avviene in tutte le fasce della popolazione – chi non prende mai un aereo, non mangia mai carne, non usa mai plastica? – in alcuni ambienti della destra e dell’estrema destra ha assunto i connotati di una vera e propria celebrazione. Certo, si tratta di una provocazione – negli Usa c’è gente che modifica i motori a diesel affinché emettano inutili nuvole nere di fuliggine – ma serve a sottolineare la posizione di chi si sente minacciato dalla transizione ecologica e sceglie pertanto di sostenere la produttività e il successo economico. Inquinare diventa così l’espressione della propria personalità: “Inquino, dunque sono”. A questo gruppo di pensiero appartengono coloro che, ai militanti ecologisti che si incollano alle autostrade, gridano: “Andate a lavorare!”. Fazioni opposte, quella dei distruttori della natura e quella degli attivisti che invece si sacrificano per proteggerla a tutti i costi? Sì e no, perché qualcosa in comune ce l’hanno: l’esaltazione della propria personalità narcisistica. Secondo una teoria denominata “Dark Ego Vehicle Principle” sviluppata presso l’Istituto di psicologia dell’Università di Berna dai ricercatori Ann Krispenz e Alex Bertrams, alcune forme di attivismo attrarrebbero infatti individui con tratti di personalità “oscuri” come narcisismo, manipolazione e psicopatia, motivati più dal desiderio di attenzione e auto-esaltazione morale che dagli obiettivi politici stessi. Questi individui nell’attivismo cercherebbero una “ribalta” dove soddisfare il proprio bisogno di ammirazione.
È una visione scoraggiante, che fa venire voglia di credere che il bene e il male non esistano, che ogni sforzo intrapreso per una società migliore venga inquinato da interessi particolari e psicopatologie. Ciononostante non bisogna disperarsi perché i narcisisti, esagerando, in realtà svolgono un ruolo ben preciso: servono a ridestare le coscienze. Se gli attivisti ci presentano le cause da difendere, la loro controparte ci mostra invece i lati più sordidi dello spreco, dell’individualismo e dell’ingordigia. E questo sia a livello locale che globale: populisti e dittatori come Trump, Putin, Orbán o Netanyahu dovrebbero scuoterci dal nostro sonno di cittadini ignavi e spronarci a combattere, anche senza narcisismo.