Porsi la domanda è lecito se penso a chi, scoraggiato, mi risponde che purtroppo la speranza sta scemando, o a chi mi consiglia di rassegnarmi all’impotenza. Ormai, il clamore mediatico del nuovo teatro di guerra aperto da Israele in Iran offusca la tragedia di Gaza, dove è già iniziata la soluzione definitiva del conflitto ossia lo sterminio (o la preconizzata deportazione), a suon di bombe e di privazioni disumane, dei due milioni di abitanti rimasti prigionieri nella striscia. Per dire basta a questo massacro, il gruppo promotore della manifestazione trasversale, silenziosa e pacifica di Bellinzona del 24 maggio scorso, invita le quasi 5’000 persone presenti – e tutta la cittadinanza solidale – a unirsi alla grande manifestazione nazionale di solidarietà con Gaza che si terrà sabato 21 giugno a Berna (il corteo autorizzato partirà alle ore 16 da Schützenmatte verso Palazzo federale). Per bandire l’indifferenza complice della Svizzera, a Berna sarà ribadita la richiesta al Consiglio federale di agire ora!
Anche negli Stati Uniti, in Canada, Belgio, Olanda e in numerose capitali europee, centinaia di migliaia di persone hanno invaso strade e piazze chiedendo ai loro governi misure concrete per fermare il massacro a Gaza e per far cessare le persecuzioni imposte alla popolazione palestinese nei territori occupati.
Ma serve davvero tutto questo? Oppure manifestare è solo un rituale che serve (invano) a placare le nostre coscienze? Sono abbastanza anziana per dire che invece manifestare è un atto politico indispensabile! Senza le massicce e numerose mobilitazioni del secolo scorso contro le armi e le centrali atomiche, contro la guerra del Vietnam (e non solo quella), contro la discriminazione delle donne, contro le dittature fasciste e sovietiche, nulla (nessuna legge) sarebbe cambiato.
Oggi mobilitarsi è necessario più che mai perché in nome della sicurezza spirano più forti i venti di morte, di guerra e di riarmo. Sembra una banalità ricordarlo, ma la maggioranza della popolazione mondiale, dei giovani, desidera solo vivere in pace e prendersi cura della vita. Invece i diritti umani sono minacciati più che mai.
La credibilità della Svizzera rischia seriamente di essere compromessa dall’atteggiamento attendista delle nostre autorità verso il genocidio in atto. È dunque importante essere in molti sabato a Berna per richiamare il governo svizzero, come stato garante delle Convenzioni di Ginevra, alla sua responsabilità di far rispettare il diritto umanitario anche in Palestina, per proteggere la vita e la dignità dei più vulnerabili: le vittime civili!
Solo così il nostro Paese può contribuire a riportare la pace e la giustizia nei territori occupati della Palestina, e può sostenere chi ovunque – anche all’interno di Israele e nella diaspora – si schiera per i diritti del popolo palestinese chiedendo la totale apertura agli aiuti umanitari, un cessate il fuoco immediato, il rilascio degli ostaggi e dei prigionieri detenuti arbitrariamente in Israele e l’avvio di negoziati per una soluzione equa e duratura.