È da salutare con favore il documento elaborato dal Movimento per il socialismo sotto il nome “Per un fronte di opposizione sociale e politico”, fatto pervenire a tutte le forze che si riconoscono nell’area di sinistra (20 maggio 2025). Che ci sia bisogno di una mappa e di una bussola è fondamentale in quest’epoca caratterizzata dalla frammentazione e, come si dice giustamente nel testo, dalla “regressione sociale”. Di “poli-crisi” si parla fin dagli anni della pandemia: una compresenza di situazioni negative che dalla salute pubblica si estendono all’economia, all’ambiente e alle relazioni internazionali, con il relativo corredo ferale di guerre e massacri.
Questo a livello globale. Che però ha ripercussioni anche sul piano locale, il nostro “villaggio gallico”, perché scuote e interroga le coscienze; ma soprattutto perché obbliga le autorità, governo e parlamento, a “render conto” alla cittadinanza delle loro scelte, del loro silenzio o della loro indifferenza. Non solo il Consiglio federale, ma anche i partiti che lo compongono e lo sorreggono, compreso quello socialista.
Fatto questo inquadramento, il documento si sofferma sul cantone e sul tentativo di ridimensionare gli interventi nel settore pubblico: sanità, scuola, trattamento pensionistico dei dipendenti pubblici, retribuzioni. Tutto questo come conseguenza dell’offensiva neo-liberale che le forze di centro-destra hanno scatenato anche in Ticino, con focus sull’esigenza di comprimere la spesa pubblica (e pure di estromettere i partiti minori dal parlamento: minaccia per fortuna sventata).
Che fare, allora? I tempi non sorridono a quello spicchio di parlamento che si identifica nell’area di sinistra. Ma forse, continuano gli estensori, nel Paese che sta fuori, nella società civile e nelle piazze, la situazione è più propizia, più irrequieta, più disposta ad attivarsi e a rivendicare. C’è un potenziale di protesta che va raccolto e interpretato. Il Partito socialista – il principale interlocutore del documento in vista del 2027 – ha sempre cullato l’idea che i risultati migliori sarebbero giunti dal lavoro – ostinato e paziente – nelle istituzioni. Ha quindi privilegiato questo canale a scapito della mobilitazione dal basso: fatto che lo ha reso sordo a quanto succede fuori dal Palazzo.
Non è la prima volta che l’Mps incalza il Ps, chiedendogli di mutare rotta. Accadde anche alla vigilia delle elezioni del 2023. Allora la richiesta fu di rompere con il “paradigma consociativo”, in parole povere di uscire dall’esecutivo e di partecipare alla costruzione di un largo fronte antagonista. Oggi la posizione è più morbida e conciliante: il Ps può anche rimanere, in Consiglio di Stato. A condizione però che eserciti “un’opposizione chiara, pubblica e determinata”.
Chi conosce, seppur a grandi linee, la storia di queste due formazioni politiche non rimarrà sorpreso. Il Ps resta convinto che stare al governo porti comunque maggiori vantaggi ai ceti subalterni che non passare all’opposizione (lo si pensa anche a livello federale). L’Mps è invece sempre rimasto ai margini, non ha accumulato esperienze in un esecutivo, nemmeno a livello comunale. È insomma rimasto “movimentista”, come già indica il nome.
Che il Ps possa dar seguito, sul piano squisitamente politico, a questo “cambiamento di paradigma” invocato dall’Mps appare improbabile. Nel programma politico 2024-2028, intitolato “Coltiviamo insieme il futuro”, Laura Riget e Fabrizio Sirica invitano semmai ad andare nella direzione opposta, in uno spazio definito come “social-liberale”: “Riteniamo […] che in un partito che si vuole ampio e popolare come il nostro, ci deve assolutamente essere uno spazio importante per posizioni più moderate, che ostinatamente cerchino di creare un dialogo e dei concreti e pragmatici spiragli politici al centro-sinistra”. Un linguaggio, come si vede, molto lontano dalla svolta auspicata dall’Mps.
Ciò chiarito, non è che sul fronte rosso-verde le cose vadano meglio. Il progetto comune rimane indefinito, mai approfondito in tutte le sue articolazioni. Certo, il Ps – a differenza dell’Mps – può contare sulla piattaforma del Ps nazionale, con i relativi documenti programmatici (“Positionspapiere”). Ma anche qui urge un aggiornamento, che tenga conto dei mutamenti intervenuti in questi ultimi anni, sia in campo socio-economico, sia in campo strategico. L’ultima versione del programma, risalente al 2010, contiene ancora formule rituali come l’abolizione dell’esercito e il superamento del capitalismo. Obiettivi non proprio prossimi e che rammentano quanto Giorgio Ruffolo scriveva in un suo saggio del 2008: “Il capitalismo ha i secoli contati”.
Ps e Verdi hanno dichiarato che risponderanno quanto prima alle sollecitazioni dell’Mps. Vedremo. Ma forse è più urgente aggiornare la cartella clinica di questa nostra piccola “terra di mezzo”, sempre un po’ chiusa e diffidente: la sua economia in affanno, il mercato del lavoro destrutturato, il ceto medio che scivola in basso, un inverno demografico che rischia di far crollare l’intera piramide previdenziale. Un tempo si aveva l’accortezza di convocare su questi temi delle “conferenze programmatiche”. Probabilmente è ancora il metodo migliore per cercare di comprendere come sta cambiando questo nostro microcosmo, pedina di coccio sulla scacchiera degli interessi nazionali e internazionali.
Versione integrale su www.naufraghi.ch