laR+ I dibattiti

Un accordo di sottomissione unilaterale

(Ti-Press)

Il 13 giugno è stato reso pubblico il progetto di trattato con l’Unione europea: più di 2’000 pagine di documenti, oltre 20’000 con gli allegati normativi europei. Una mole giuridica tale da rendere impossibile ogni analisi seria in quattro settimane. Eppure, Economiesuisse e l’Unione svizzera degli imprenditori non hanno esitato un attimo ad approvarlo. Perché? Perché chi oggi pretende di parlare in nome dell’economia ha ormai un solo obiettivo: massimizzare i profitti a breve termine, anche a costo di calpestare la sovranità, la democrazia e il benessere del nostro Paese. D’altro canto, la maggior parte dei manager che dirigono queste aziende è quasi sempre straniera.

Questa élite economica non rappresenta il popolo svizzero. Favorisce un trattato che significa sottomissione automatica al diritto europeo, rinuncia ai diritti popolari, accettazione della burocrazia di Bruxelles, imposizione di giudici stranieri, pagamento di miliardi alla macchina europea, e soprattutto una libertà di movimento che alimenta l’immigrazione incontrollata con conseguenze devastanti su infrastrutture, sicurezza, mercato del lavoro e sistema sociale.

Parlano di ‘Bilaterali III’, ma mentono. Questo trattato non è un accordo tra pari, è un accordo di sottomissione unilaterale. È l’Unione europea a poter modificare in ogni momento le regole del gioco, mentre alla Svizzera spetta soltanto adeguarsi, pena sanzioni e ritorsioni. Non c’è alcuna reciprocità: se una parte, Bruxelles, può riscrivere le regole e al contempo esercitare un potere sanzionatorio, siamo di fronte a una subordinazione giuridica e politica. È la fine della via bilaterale, conquistata con il No popolare al See e difesa per anni, pur con tutti i limiti, come strada autonoma e su misura per la Svizzera.

Oggi, chi sostiene questo trattato mostra di non aver capito la lezione della nostra storia: la forza della Svizzera sta nella sua libertà, nella sua neutralità, nella sua democrazia diretta. Chi svende tutto questo in nome dei “mercati” si pone contro gli interessi fondamentali del Paese. La Svizzera non ha bisogno di padroni stranieri: ha bisogno di indipendenza, di identità e di dignità.