Chi è imbecille faccia un passo avanti. E fu così che non se ne mosse nemmeno uno, perché l’imbecillità pare riguardare sempre gli altri. Facile dare dell’imbecille agli altri. Più difficile chiedersi se la stessa cosa possono pensare gli altri di noi. In libreria, uno sguardo alle variopinte copertine, una lettura veloce dei titoli e poi ‘L’imbecillità è una cosa seria’. Ecco un titolo attraente, un richiamo a comprendere il proprio stato di salute mentale. Attivo la diagnosi su me stesso: non sarò per caso imbecille pure io? Sì, per definizione. Chi può avere scritto un libro serio sull’imbecillità? Probabilmente qualcuno che ha confidenza con la materia. Faccio un passo avanti e prendo il libro, lo scrittore è un noto professore di filosofia, Maurizio Ferraris. Approfondisco. L’autore afferma che in più di una occasione si è comportato da imbecille, con una ripetizione tale che lo ha indotto a pensare di esserlo, ovviamente con l’auspicio di non spiccare fra i primi. Mi consolo con il classico mal comune mezzo gaudio. Pare che anche i filosofi di grosso calibro siano affetti da imbecillità, nel senso che qualche cretineria o idiozia l’hanno commessa, la commettono e inevitabilmente la commetteranno. Da questo punto di vista, dunque, non esiste nessuno, con un barlume di buonsenso e di spirito critico che, qualsiasi cosa faccia nella vita, non commetta qua e là delle stupidaggini. Insomma, l’imbecillità non è una cosa per altri, né per pochi, riguarda tutti. Di certo bisognerebbe spenderla a piccole dosi e a posteriori essere coscienti delle stupidità commesse per poi valutarle con spirito critico.
Va’, pensiero – celebre coro del Nabucco di Verdi – e, invece di posarsi con ali dorate sui clivi e sui colli, va alla politica che di questi tempi induce a formulare, fra molti, pensieri poco lodevoli. Per esempio, alcune recenti decisioni del Governo ticinese hanno suscitato scalpore e risentimento. Normalmente si pensa a un’umanità saggia e accorta, che il popolo abbia sempre ragione, che la gente sia quella buona e che i cattivi siano i loro rappresentanti, ma poi a sentire e vedere certi accadimenti di colpo e a pieni polmoni: “Perché mai abbiamo votato così?”. La propensione infausta, fino a prova del contrario, è che gli eletti siano immuni dall’imbecillità. Invece, quest’ultima, è ineluttabilmente un patrimonio della condizione umana. D’altronde e a riprova, nei sistemi rappresentativi i rappresentanti sono rappresentativi dei rappresentati. E da qui non si sfugge. Presidenti, Ministri, Consiglieri di Stato usufruiscono del potere, assumono compiti e responsabilità, i politici sono (pardon, dovrebbero essere) la parte più autorevole di una collettività, ma corrono inevitabilmente il rischio di rappresentare una densità maggiore di imbecillità rispetto a coloro che rappresentano. Una cretinata dell’élite vale mille, alla seconda il valore quadruplica e così via in modo esponenziale. Di fatto, l’imbecillità è un fattore potenzialmente pericoloso in politica. I suoi effetti possono rivelarsi devastanti. Ben vengano gli elettori che indignati sobbalzano davanti a tv e giornali. Immagino che così facendo esprimano la bellezza di una coscienza preoccupata e che ciò significhi che sono sensibili, sono morali, che portano e cercano buone intenzioni, che i compiti politici dovrebbero essere portati avanti seguendo degli ideali istituzionali. Una sensibilità e una moralità che a volte non sembrano fare parte degli eletti. Ma forse gli imbecilli sono gli altri.