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Il Festival ha il mal di architettura

Quello tra il Festival del Film e l’Architettura è un legame profondo la cui origine è da ricercare nei primissimi passi della kermesse locarnese. Tra gli organizzatori della prima edizione figurava infatti anche un architetto, Oreste Pisenti, che disegnò la prima sala cinematografica en plein air nel giardino del Grand Hotel. Gabriele Neri, in un articolo per la rivista Archi del 2018, ci conduce attraverso le numerose tappe di questo binomio, all’apparenza indissolubile, che prese forma nella collaborazione con diverse figure di spicco del mondo dell’architettura. Tra queste anche Livio Vacchini, che disegnò lo schermo e la cabina di proiezione che, come il modulo lunare dell’Apollo 11, atterrò due anni più tardi in Piazza Grande cambiando per sempre la storia del Festival e del cantone.

Un legame entrato in crisi con la decisione di “pensionare” la celebre struttura. Purtroppo, essa non è l’unica tessera del mosaico architettonico del Festival dirottata verso la rottamazione. Durante un’intervista il Coo del Festival ha affermato che anche le strutture della Magnolia e della Cassa, progettate da Michele Arnaboldi, subiranno lo stesso destino. Perché? Perché “soffrono dello stesso problema”, ovvero un elevato costo di montaggio causato dalle loro specificità tettoniche e spaziali. In altre parole, la malattia di cui soffrono le iconiche strutture del Festival è l’architettura.

Il patrimonio architettonico è quindi il primo pilastro dell’identità culturale del Festival sul punto di cadere. Si rischia di abbandonare così la trasversalità disciplinare che lo ha contraddistinto fin dagli esordi, ovvero quella capacità, grazie ad architetture effimere specifiche, di essere celebrazione della settima arte ed al tempo stesso evento collettivo di riflessione sulla città. Una qualità unica del Festival che – ahinoi – non si può attribuire ad altri grandi eventi locarnesi, decisamente più… ingombranti.

Mi auguro che la petizione Locarno: don’t touch the screen! possa contribuire a mantenere alto il valore culturale del Film Festival Locarno, senza scivolare in errori frettolosi dettati da tempi incerti.