La decisione del Consiglio di Stato di riattribuire alcune competenze all’interno dello stesso ha portato a dibattere anche su un tema di portata ben più ampia: il sistema elettorale. Questo giornale ha affrontato l’argomento con l’editoriale del suo direttore Daniel Ritzer e un approfondimento del professor Oscar Mazzoleni. Se l’editoriale ipotizza un cambio di sistema drastico passando a un sistema maggioritario puro che permetta una vera alternanza, il professore nell’approfondimento non si spinge così lontano, fedele a quella prudenza svizzera che ha permesso in questi secoli nel nostro Paese di far coesistere popoli e culture diverse.
Per leggere il presente e prevedere le dinamiche future è essenziale aver sempre bene in chiaro la storia e i suoi insegnamenti. L’attuale sistema d’elezione è una scelta netta legata a un periodo storico del nostro Cantone in cui la politica era vissuta con passione sfociata anche in atti di violenza. Far coesistere diverse visioni e sensibilità nella conduzione del Paese era dunque una necessità.
Oggi il quadro di riferimento è mutato, ma la necessità di far coesistere diverse sensibilità è ancora ben presente in un contesto caratterizzato da una crescente frammentazione. Lo storico Andrea Ghiringhelli, attento osservatore delle dinamiche politiche cantonali, in passato aveva evidenziato che già alla fine degli anni Ottanta si parlava di crisi di governabilità. Per certi versi nulla di nuovo sotto il sole. Sono passati vari decenni e poco si è mosso, se non l’introduzione della scheda senza intestazione.
Quando si toccano i meccanismi elettorali le sensibilità sono alte in quanto, oltre ai nobili principi della ricerca di un miglior assetto istituzionale, ogni attore analizza e valuta i cambiamenti in funzione anche del proprio beneficio. Spesso questo incrocio di valutazioni porta a cambiamenti lenti e prudenti dei sistemi elettorali. Sarà probabilmente così anche nell’attuale dibattito. Il professor Mazzoleni evidenzia un aspetto che ritengo importante. Un eventuale cambiamento di sistema deve essere ad ampio raggio e – aggiungo io – coinvolgere i due livelli istituzionali. Introdurre un sistema maggioritario per l’esecutivo senza rivedere le regole di elezione del legislativo (il tema delle soglie è stato recentemente dibattuto in parlamento) servirebbe a poco e anzi potrebbe generare paradossalmente situazioni ancora più difficili da gestire, rendendo meno efficace quella cinghia di trasmissione tra esecutivo e legislativo già oggi messa sotto forte pressione.
Una riflessione finale: gli odierni problemi di governabilità che interessano il nostro Paese, se alziamo lo sguardo interessano più in generale l’Occidente e non sono riconducibili a soli problemi di sistemi elettorali. Il nostro continente sta attraversando una crisi ben più profonda legata a un elevato livello di benessere raggiunto sempre più difficile da sostenere, e messo sotto forte pressione da forme di neoprotezionismo che vorrebbero far prevalere la legge del più forte a discapito del benessere collettivo. Questo disequilibrio sta creando malcontento crescente in varie fasce della popolazione, mettendo in difficoltà i Paesi che fondano il loro operato su sani valori democratici e premiando, perlomeno nel corto termine, chi interpreta la gestione della cosa pubblica in maniera autocratica con tutte le conseguenze che ciò comporta. Queste dinamiche devono essere invertite, partendo dal basso, innanzitutto attraverso il dialogo con la popolazione, il confronto costruttivo, la comprensione e il rispetto delle visioni altrui, ma anche attraverso ciò che conosciamo bene in Svizzera ed è presente nella nostra Costituzione cantonale: la collegialità. Principio che mira alla coesione e alla stabilità evitando derive autoritarie che sarebbero nefaste per il Paese e per la salvaguardia delle nostre libertà individuali.