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Ipct, una rendita ponte incompleta per le donne

Con la riforma Avs 21 le donne andranno in pensione a 65 anni. Sorvoliamo sulle polemiche ancora vive e concentriamoci su quel che accadrà a 300 donne assicurate presso l’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (Ipct). La cassa pensioni dello Stato (come quella della Migros, delle Ffs ecc.) permette il pensionamento anticipato: dai 58 anni, i suoi assicurati possono lasciare il lavoro e ricevere un “supplemento sostitutivo Avs/Ai fintanto che non percepiscono una rendita Avs/Ai” (art. 8 della Legge sull’Istituto di previdenza del Cantone Ticino – Lipct). Tale supplemento è finanziato dai lavoratori (50%) e dai datori di lavoro (50%).

L’art. 8 Lipct parla chiaro, ma circa 300 donne (nate dal 1961 al 1965 e andate in prepensionamento entro il 2023) restano per l’Ipct a metà del guado: hanno potuto finanziare la rendita ponte fino a 64 anni (come da regolamento Ipct in vigore fino al 31.12.2023) ma beneficeranno dell’Avs solo a partire da 65 anni (come da esito della votazione popolare). Per alcuni mesi (3, 6, 9 o 12, dipende dai casi) vedranno allora le loro rendite ridursi parecchio: c'è chi perderà 700 fr. al mese (su 1’900); chi 1’000 (su 3’200) ecc.

Metterci una pezza e aumentare a posteriori il finanziamento della rendita ponte costerebbe ai datori di lavoro 1,3 mio (pagherebbero anche le lavoratrici, tranquilli, ma con una riduzione dell’Avs). Dando per scontato che i datori di lavoro non li vogliano versare, questi 1,3 mio, potrebbe forse farlo l’Ipct? Sì, certo. Lo dicono, per ora, solo i rappresentanti di ErreDiPi in seno al Consiglio di amministrazione (Cda) dell’Ipct; ma lo conferma anche la legge, ed è quel che conta.

La Lipct chiarisce che il Cda dell’Ipct “assume la direzione generale [dell’Istituto], provvede all’adempimento dei suoi compiti legali e ne stabilisce gli obiettivi e principi strategici, nonché i mezzi necessari alla loro realizzazione” (art. 9). Proprio in quanto organo supremo dell'Ipct, il Cda può decidere che un obiettivo strategico della cassa è cercare di garantire parità di trattamento tra i suoi assicurati. Sì, perché senza un correttivo gli uomini che sono andati in prepensionamento prima dell’1.1.24 riceveranno il supplemento Avs anche dopo i loro 64 anni; le donne, no. Diciamolo chiaro, un’altra volta: il secondo pilastro penalizza già fortemente le donne. Non c’è bisogno d’introdurre un’altra fonte di disparità.

Ora, questa discriminazione di genere, prontamente denunciata dai sindacati, può essere risolta in seno al Cda dell’Ipct: basta che si passi dalle parole ai fatti e si voti, come già chiesto dall’ErreDiPi, uno stanziamento straordinario per queste donne. Non serve altro per eliminare questa stortura. Dice, 1,3 milioni sono tanti… Ma dal 2012 gli assicurati attivi non beneficiari delle norme transitorie sono spremuti come limoni. ErreDiPi ha calcolato che al solo scopo di rifinanziare la cassa si è chiesto loro – anche a queste 300 donne – più di 1’000 mio (163,8 vengono dalla “cresta sui contributi ordinari netti” + 100,9 dall’1% di risanamento versato dai lavoratori fino al 2024 + 179 dalla riduzione delle rendite vedovili del 2019 + 600 dagli interessi bassissimi riconosciuti agli assicurati). Per rifinanziare la loro rendita ponte servono invece solo 1,3 mio.

Bastano sei voti in Cda per decidere di colmare questa lacuna: i tre voti dell’ErreDiPi ci sono già, gli altri tre si sono finora fatti attendere. Arriveranno per la prossima riunione del Cda? (Mi sto nascondendo dietro un dito, e non va bene: nel Cda dell’Ipct due rappresentanti sono stati eletti nella lista sindacale; una rappresentante è nominata in quota Ps. Sono i loro voti che servono).