Il sottobosco della politica prosperava anche ieri, ma c’erano il senso della vergogna e il senso del ridicolo che ponevano limiti
Avrebbero dovuto dire di no al pasticciaccio brutto concepito – dicono i leghisti creativi – per fare un Paese nuovo e dinamico. Più competenza al posto giusto e più efficienza (precisano sempre loro): ammettono però che prima, visti gli scarsi risultati, non c’avevano pensato, ma ora rimediano per il bene del Cantone.
È la politique politicienne, secondo il dizionario: politica di bassa lega, fatta per vantaggi personali e di partito, lontana dagli interessi dei cittadini. I consiglieri di Stato, all’unanimità, hanno detto di sì e l’arrocco di due è diventato l’accrocchio di cinque: si è allargata la compagnia ma non la trasparenza. Perché l’accrocchio? Non si sa! Si arguisce però che non c’entra il bene collettivo: sono state assecondate le mire di un partito, non si è badato alla dignità della buona politica.
Intanto l’astensionismo sale, i partiti scendono, il populismo imperversa e prolificano i politici abborracciati che hanno fatto della mediocrità una virtù: di questi tempi la qualità in politica è un optional piuttosto in disuso. Conta il quieto vivere, l’armonia e la bella concordanza del do ut des (è la versione gattopardesca: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che qualcosa cambi) e pazienza se il decoro istituzionale va a farsi benedire.
Hanno perso l’occasione i tre consiglieri – del Centro, liberale e socialista – di ripristinare un minimo di etica pubblica e di buona politica. Ci hanno fatto toccare con mano le ragioni del discredito della politica, ridotta a meschini giochi di potere, e il parere dei cittadini non conta. La conclusione di Paul Valéry trova conferma: “La politica è l’arte di impedire alla gente di occuparsi di ciò che li riguarda”. E pure Émile Zola, qualche tempo prima, rammentava la conclusione di un ministro: “Noialtri, i mediocri, siamo fatti apposta (per governare)”. Il problema è che oggi la mediocrità è la regola ed è incontenibile. Diceva in vernacolo meneghino una protagonista di un racconto di Carlo Emilio Gadda: “Disémela intra de nün (...) ona volta l’eva minga coma al dì d’inkoeu…”.
Non cedo alla nostalgia: il sottobosco della politica prosperava anche ieri. Ma c’erano il senso della vergogna e il senso del ridicolo che ponevano limiti alle azioni indecorose e consigliavano di non contrabbandare certe operazioni poco esaltanti come un beneficio per la collettività. Lo scrittore Niccolò Ammaniti dovette constatare (crude parole, ma è utile parlar chiaro) che da qualche anno a questa parte le barriere sono state infrante perché sono state sdoganate “le figure di merda”. Ieri il senso di vergogna favoriva il passo indietro, addirittura le dimissioni “per decenza”: oggi questa sana abitudine non è contemplata.
Una volta c’erano poi dei partiti con delle idee, che orientavano e formavano pure una classe dirigente mediamente preparata che quelle idee rappresentavano. Oggi, anche in politica – per dirla con Victor Hugo – ci sono moltissime bocche che parlano e pochissime teste che pensano, e la cultura politica in circolazione mi pare inesistente. Non generalizzo: anche da noi qualche politico di elevato profilo c’è: argomenta e si fa sentire, ma la sterpaglia populista lo soffoca.
Nel caso in questione, la figuraccia l’hanno fatta i partiti: hanno gridato all’indecenza dell’arrocco ma i loro rappresentanti l’hanno votato. In fondo i partiti hanno mostrato quel che già si sapeva: sono ridotti ad agenzie che amministrano le risorse dello Stato e il loro ruolo di intermediari fra Stato e Cittadini non c’è più. È proprio il caso di dirlo: la sfiducia dei cittadini è ben riposta.
Negli anni Novanta ci dissero: via le ideologie dalla politica perché serve “il fare” in politica, e quindi viva il pragmatismo! Ho sempre sospettato che la fine delle ideologie coincidesse con la fine delle idee e senza idee non c’è futuro. Ricevo conferma.
Sospetto che il prossimo dibattito in Gran Consiglio sulla trovata leghista sarà un esercizio in cui i partiti coinvolti troveranno gli opportuni argomenti per giustificare l’accrocchio indecoroso. Benvenuti nell’era “senza vergogna” dell’impudenza politica.