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Dazi e pubblica felicità, una modesta proposta

Leggo il 21 agosto su laRegione l’intervista a un direttore generale della Bns, che non esclude interventi sul mercato valutario, in modo da tenere sotto controllo l’apprezzamento endemico del franco sulle altre valute, e per limitare in qualche modo l’effetto dei dazi Usa sull’economia. Da classico “uomo della strada”, non economista (e neppure troppo economo, in verità), (ri)sottopongo una proposta, che mi era valsa a suo tempo un paio di prestigiosi inviti a pranzo, nessuna pernacchia da parte degli specialisti e… nessuna conseguenza pratica. Ecco la proposta.

La Banca nazionale, in luogo di acquistare euro o dollari, stamperebbe moneta (pensavo a una cinquantina di miliardi) e li distribuirebbe in egual misura ai cittadini qui residenti da almeno dieci anni, esentasse ma con l’obbligo di spenderli liberamente sul mercato interno svizzero in un lasso di tempo limitato (sei mesi, diciamo). La misura avrebbe una serie di effetti che mi paiono abbastanza virtuosi: genererebbe un po’ di inflazione, che in un’economia liberale sana non fa male; metterebbe soldi in tasca ai cittadini, e non alle banche come si fa di solito qui, contribuendo alla pubblica felicità (ora un po’ deficitaria, temo); darebbe un bello slancio all’economia locale; e deprezzerebbe il franco svizzero, con l’effetto di migliorare la competitività dei nostri prodotti all’estero.

Si tratterebbe di una misura una tantum, quindi da non confondere con misure sociali quali redditi minimi o, peggio, redditi di cittadinanza. La Svizzera ha il vantaggio di poter agire sulla massa monetaria, cosa che i Paesi dell’area euro non possono fare, almeno non liberamente. Ho interpellato un paio di economisti “veri”, ma non sono sorte obiezioni di sostanza; al massimo il fatto che sarebbe una cosa inedita, che richiederebbe un coraggio (che qui difetta) e una certa dose di spregiudicatezza. L’idea mi sembra comunque a prima vista migliore di quella proposta dal signor Bloch (sì, lui, quello delle benamate Ragusa) che dalle colonne del Tagi proponeva l’altro giorno che fossimo noi contribuenti a grattarci con le nostre tasse gli effetti economici di dazi e cambio sulle nostre esportazioni. Se da cotanti imprenditoriali cerebri escono cavolate di questo conio, anche la mia modesta proposta merita almeno di essere, se non altro, valutata. Non mi illudo.