Si apre un nuovo anno scolastico dopo le vicissitudini che hanno toccato docenti e discenti. Sarebbe ingeneroso dire che la scuola ticinese non funziona, ma quando è il caso è d’uopo dire pane al pane e vino al vino.
La riflessione arretra in questo mondo concreto, potrei ripetere come giudica Hegel la metafisica: “Parola davanti alla quale ognuno, più o meno, si affretta a fuggire come davanti a un appestato”. Eppure la filosofia pensa la realtà di un tutto, che la contiene con le infinite cose, non si ferma alle particolarità, anzi le giustifica per svelarne il senso. Scrive Massimo Cacciari: “La metafisica dovrebbe richiamare la scienza, nella molteplicità delle sue manifestazioni, all’unità di un Principio”. Il divenire delle contingenze scientifiche e tecniche spingono alle competenze particolari e al conseguente uso guidato dal pragmatismo. La domanda è: che cosa dobbiamo conoscere, come giustificarlo, che senso dare alle conoscenze complessive.
È un fatto che da noi come dappertutto le trasformazioni dei contesti, spinte da cause sistemiche, diventano convenzioni tacitamente condivise, che spesso l’inerzia irriflessiva porta a una deriva di identitarismo conservatore vicino al potere costituito. Ora, la scuola non ne è risparmiata. Essa è istituzione dove portiamo i discenti alla conoscenza delle cose, che sono tante e in relazioni affatto complesse. La sfida è capire, in quanto ragione ultima, chi siamo, cosa facciamo e a che punto siamo del divenire condotto da noi umani. Invitato come esperto della “libertà” a una trasmissione televisiva diceva bene Paolo Bernasconi, che “oggi la casa è mondiale”. E allora cosa mi coglie come una trave nell’occhio: è una certa imperizia della politica locale nella gestione delle istituzioni. Vecchie ideologie della destra e vecchie ideologie della sinistra hanno ormai strumenti scanchignati per affrontare l’autonomia del contesto scientifico-tecnico. I pigmalioni nostrani se li possono sognare i giovani che si entusiasmano alla politica, vedendo certe manifestazioni.
Appunto, improvvisamente l’inverno scorso si espande una tipologia di difetti del Decs che nessuno sospettava. Preme rilevare due macchie ben visibili e del tutto inaccettabili. Prima, lo scarsissimo rispetto per i giovani, che giammai avrebbero i mezzi esperienziali di prevedere simili disfunzioni. Seconda, la discrepanza dovuta a una politica incompetente di scuola e di cultura giunta lì dopo una vittoria elettorale. Come non pensare alle situazioni classiche della vicina Penisola, che di casi deleteri ne annovera un gran numero. Farei questo paragone: è come se al posto del direttore artistico del Festival di Locarno ci fosse un farmacista. E pensiamo, ad esempio, se al posto della signora Carobbio, in quanto a conoscenza della materia, non sarebbe innumerevoli volte più congeniale un certo Fabio Pusterla. Si accomodi infine il volonteroso disposto a cimentarsi in un eventuale disegno di cambiamento all’interno dei dipartimenti cantonali.