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Le tracce profonde della ferrovia

(Ti-Press)

Poche cose hanno lasciato tracce profonde nella storia e nella geografia di Bellinzona come la ferrovia. Una storia di quasi centocinquant’anni. Non se n’era reso conto Andreas Meyer, allora Ceo di Ffs, e non lo sapeva Nicolas Perrin, a quel tempo direttore di Ffs Cargo, quando un’uggiosa mattina di fine inverno, il 7 marzo 2008, si era presentato davanti alle maestranze delle Officine per annunciare drastici tagli, di fatto lo smembramento dello storico stabilimento industriale. Scattò, immediato, tra urla di indignazione dei presenti, uno sciopero di cui si fece indiscusso e carismatico portavoce Gianni Frizzo e che nel giro di pochi giorni coinvolse in un abbraccio corale di manifestazioni, cortei, prese di posizione politiche, tutto il cantone. Da azione sindacale si allargò come una vampa in evento collettivo di portata sociale.

La mobilitazione ebbe successo e un mese più tardi Ffs comunicò di rinunciare ai propri iniziali propositi. Seguirono otto anni di impasse, senza che una soluzione seria per il futuro a medio-lungo termine delle Officine apparisse all’orizzonte. Poi, tra il 2016 e il 2017, la svolta: le Ffs, tramite e su spinta ancora di Andreas Meyer, si dichiararono disponibili a realizzare un nuovo grande stabilimento in Ticino, in sostituzione di quello ormai vetusto e sempre meno funzionale di Bellinzona. Cantone e Città a loro volta avevano comunicato a Ffs di essere pronti a investire centoventi milioni di franchi per favorire questa operazione. Non mancarono contestazioni e accuse di tradimento, ma l’intesa, trasversale a istituzioni e orientamenti partitici, resse e poco tempo dopo l’impostazione venne indirettamente avallata anche in votazione popolare. Sia nel cantone che in città la popolazione si schierò, di fatto, per la soluzione del nuovo stabilimento.

Oggi possiamo parlare di una svolta storica per Bellinzona e, in parte, anche per il Ticino. Ffs realizzerà uno stabilimento del costo di oltre 750 milioni: un investimento industriale di entità mai vista alle nostre latitudini e che assicurerà nel tempo alla nostra regione centinaia di posti di lavoro qualificati, ma anche competenze e know-how tecnologico di cui beneficeranno le generazioni a venire. Con l’apertura del cantiere e la posa della prima pietra, si celebra un progetto che è il risultato della convergenza di molte energie e molti pensieri: quello delle maestranze che si erano opposte all’idea iniziale di uno smantellamento delle Officine e della loro storia; e quello, altrettanto importante, delle Ffs e della loro direzione, che ha saputo in questa occasione riconoscere e correggere l’errore. Con i tempi che corrono non era scontato né banale. E poi, perché no, anche quello della politica che, per una volta, si è mostrata unita e all’altezza del proprio compito. In democrazia, da noi, è spesso solo così che funziona: con la fatica poco spettacolare del compromesso; della possibilità d’incontro – e non solo di scontro – di visioni inizialmente pure molto diverse. La ferrovia si è data un futuro, la nostra città e il cantone anche.