Pur considerando la portata internazionale della Conferenza di pace del 1925, questa è un’ulteriore offesa alla nostra lingua e alla nostra cultura
Da alcuni giorni sono in vendita i francobolli per il Centenario del Patto di Locarno. È indubbiamente una bella iniziativa quella promossa dal Municipio di Locarno che richiama l’attenzione su questo importante avvenimento storico che ha visto la città e il Locarnese protagonisti cento anni fa della politica internazionale.
Il francobollo riprende l’immagine esposta nella bella mostra allestita nelle sale del Castello Visconteo e dedicata al Patto di Locarno. Sono raffigurati, con le rispettive firme, i delegati riuniti il 16 ottobre 1925 nella sala delle conferenze nel Palazzo del Pretorio.
Il francobollo sarà diffuso soprattutto in Svizzera, ma della Svizzera ha solo la dicitura Helvetia e il costo di 120 centesimi. Non conosco il grafico che l’ha ideato né la composizione della giuria che l’ha scelto. A me disturba profondamente l’infelice didascalia che accompagna l’immagine: “Centenary of the Locarno Pact 1925-2025”. È mai possibile che in una nazione che da sempre valorizza e promuove le sue lingue nazionali ci si dimentichi di utilizzare la lingua italiana e di scrivere correttamente Centenario del Patto di Locarno 1925-2025?
Pur considerando la portata internazionale della Conferenza, si tratta di un’ulteriore offesa alla nostra lingua e alla nostra cultura ed è pure una mancanza di rispetto del Ticino, che per la nostra Costituzione è “una repubblica di lingua e cultura italiane”. A mio giudizio questa lodevole iniziativa del Municipio avrebbe meritato qualcosa di meglio. Troppo frequentemente ci si dimentica di ciò che ci contraddistingue e si utilizza quindi la scorciatoia dell’inglese, una lingua certo utile ma che non ci appartiene.
Così la recente petizione a sostegno dello schermo di Livio Vacchini è intitolata “Locarno: don’t touch the screen!”, oppure la manifestazione invernale in Piazza Grande è denominata Winterland o ancora si ringraziano, in italiano e con il solo e immancabile “Thank you for your visit!”, i turisti che scendono in funivia da Cardada, dimenticandosi che la maggior parte degli ospiti sono svizzero-tedeschi. Non lamentiamoci quindi se oltre Gottardo si riserva poca attenzione alla lingua italiana. Ben s’addice in questo caso il proverbio “chi la fa l’aspetti!”.
È bene ricordare che le lingue – soprattutto in una situazione come quella svizzera – sono in realtà qualcosa di più e di diverso. Sono un particolare modo di sentire e di leggere la realtà, sono l’espressione d’identità e di culture diverse che costituiscono l’originalità e la ricchezza del modello elvetico. Purtroppo il francobollo del Centenario non ne ha tenuto conto.