Uno degli argomenti più ricorrenti degli oppositori all’iniziativa che intende limitare i premi di cassa malati al 10% del reddito disponibile riguarda il suo presunto costo eccessivo. Secondo loro, la misura richiederebbe inevitabilmente un aumento delle imposte (il ministro Vitta ha parlato di un aumento del 20%).
Di fronte alle proposte illustrate da un gruppo di economisti per il finanziamento di questa misura, è partita la solita cagnara sulla “fuga dei ricchi”, un fantasma ormai privo – e da tempo – di qualsiasi riscontro oggettivo.
Di fronte a tutto questo, a noi piace porre un’altra domanda: se questa spesa è necessaria (e nessuno osa contestare la “necessità “di portare una boccata d’ossigeno al 61% delle famiglie che devono impegnare più del 10% del proprio reddito per il pagamento dei premi), chi dovrebbe contribuire a finanziarla?
Lo diciamo chiaramente: il contributo va chiesto a chi, negli ultimi vent’anni, si è arricchito in modo straordinario, spesso godendo di un carico fiscale sempre più leggero. Parliamo di un’élite ristretta, una minoranza che concentra nelle proprie mani una quota crescente della ricchezza generata dal lavoro altrui. I dati sono inequivocabili, e ci riferiamo qui agli ultimi dati disponibili dall’amministrazione federale delle contribuzioni riguardanti il Ticino. Nel 2003, in Ticino, i contribuenti con una sostanza dichiarata superiore ai 5 milioni di franchi erano 359, per un totale di 4,8 miliardi, pari al 15,04% della ricchezza complessiva. Nel 2021 erano diventati 2'383 (si sono cioè moltiplicati per sei), con un patrimonio complessivo di 36,9 miliardi, cioè il 42,1% del totale. In soli vent’anni, il numero dei milionari si è moltiplicato per sei e il loro patrimonio è cresciuto di otto volte. Siamo pronti a scommettere che le nuove statistiche segneranno un ulteriore aumento del loro numero e del loro patrimonio: altro che fuga dei ricchi! È proprio vero che “tutto il mondo è paese”: proprio in questi giorni sentiamo gli stessi discorsi in Francia di fronte alla proposta che i detentori di grandi patrimoni paghino un’imposta almeno pari al 2% del loro patrimonio. Inoltre, è da credere che i dati ufficiali sottostimino la realtà, considerando gli strumenti, legali e non, a disposizione di costoro per ridurre il loro carico fiscale, occultando una parte cospicua del loro patrimonio.
Ora confrontiamo queste cifre con i costi dell’iniziativa: i 300 milioni necessari rappresentano appena lo 0,8% della sostanza dichiarata dai 2’383 multimilionari. In altre parole, chiedere loro di finanziare questa misura equivarrebbe, per chi possiede un milione di franchi, a un contributo di circa 8’120 franchi. Non è certo un esproprio, ma un atto minimo di equità a sostegno di un servizio pubblico essenziale come la sanità. Non va dimenticato che l’attuale concentrazione della ricchezza è anche il frutto di scelte politiche deliberate. Gli sgravi fiscali introdotti a partire dai primi anni 2000 hanno favorito i più ricchi, mentre la collettività ha pagato il conto attraverso tagli ai servizi pubblici, riduzioni delle prestazioni sociali e minori sussidi. In sintesi: una fortuna privata accresciuta anche grazie a un progressivo smantellamento dell’intervento pubblico. Alla luce di questi elementi, la critica sui costi dell’iniziativa appare strumentale e ideologica, priva di fondamento economico. Non si chiede un sacrificio generalizzato, ma una redistribuzione minima e ragionevole, capace di dare respiro a decine di migliaia di famiglie gravate da premi di cassa malati sempre più insostenibili.
L’iniziativa non è una spesa insopportabile, ma la risposta a premi di cassa malati diventati, quelli sì “insopportabili” per la maggioranza delle famiglie di questo Cantone; rappresenta un’opportunità per ristabilire un principio di giustizia sociale ed equità. E se una società non è più in grado di chiedere un contributo a chi possiede oltre il 40% della ricchezza dichiarata, allora la vera questione non è quanto costa la misura, ma quanto costa e costerà a tutti noi accettare livelli di disuguaglianza sempre più estremi.